Wilhelm Keitel

Wilhelm Bodewin Johann Gustav Keitel (Helmscherode, 22 settembre 1882 – Norimberga, 16 ottobre 1946) è stato un generale (feldmaresciallo) tedesco. Fu il capo dell’Oberkommando della Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale e uno dei principali imputati al processo di Norimberga, dove venne giudicato colpevole per crimini di guerra e contro l’umanità e condannato a morte.
Nato da una ricca famiglia di proprietari terrieri, Wilhelm Keitel entrò nell’esercito imperiale prussiano nel 1901, dando presto prova del proprio valore sul campo. Partecipò infatti alla prima guerra mondiale con il grado di tenente di artiglieria, venendo ferito due volte e guadagnandosi la Croce di ferro di 1ª classe e l’Ordine degli Hohenzollern.
Al termine della guerra rimase nei quadri dell’esercito, entrando a far parte, nel 1922, della Reichswehr, il piccolo esercito di soli centomila uomini, ultimo residuo dell’antica potenza militare prussiana, concesso alla Repubblica di Weimar in base alle clausole del Trattato di Versailles. Keitel e i camerati della vecchia guardia non apprezzavano la repubblica, e ancora onoravano e omaggiavano il kaiser Guglielmo II, e poi decise di mettersi al servizio di Adolf Hitler come discepolo e si sottomise sempre alla sua ferrea volontà.
Nel 1929, presso il ministero della guerra, diventava responsabile dell’ufficio di riorganizzazione di questo esercito per promuovere l’opera di riarmo: riorganizzazione chiaramente segreta perché illegale, in aperta violazione al trattato di pace. Negli anni successivi, Keitel inanellò numerose promozioni nelle gerarchie dell’esercito. Nel 1933 divenne Generalmajor, nel 1935 capo del Wehrmachtsamt, dipartimento delle forze armate, e nel 1940 fu promosso Generalfeldmarschall.
Ma l’anno in cui la fortuna di Keitel giunse al culmine fu quello successivo. Già dall’ascesa al potere dei nazisti, egli era stato uno dei membri del corpo degli ufficiali più vicini a Hitler e ai suoi accoliti. Nel 1938, Hitler dovette liberarsi per mezzo dello Scandalo Fritsch-Blomberg dell’allora ministro della guerra, generale Werner von Blomberg, e del comandante in capo delle forze armate, generale Werner von Fritsch (in quest’ultimo caso tramite un’accusa di omosessualità, grazie ad un’ignobile montatura del capo delle SS, Heinrich Himmler), temendo che essi, legati alle vecchie tradizioni prussiane che sancivano l’indipendenza delle forze armate dal governo dello Stato, non sarebbero stati facilmente disposti a sottomettersi all’autorità del Führer. Keitel fu fra i responsabili della campagna denigratoria che portò al siluramento dei due ufficiali.
Per prevenire una rivolta delle alte gerarchie militari, indignate a causa di quel vero e proprio “colpo basso” ai danni delle due più alte personalità dell’esercito, Hitler, il 4 febbraio 1938, abolì di fatto il ministero della guerra, istituendo al suo posto l’ufficio dell’OKW, Oberkommando der Wehrmacht, il comando supremo delle forze armate. Egli investì allora lo stesso Keitel della carica di capo dell’OKW. L’opera di “nazificazione dei vertici delle forze armate” fu completata, ponendo nelle altre posizioni chiave personaggi vicini al Führer o che comunque ne subivano l’ascendente: il generale Walther von Brauchitsch, già dal 1932 iscritto allo NSDAP, fu nominato comandante in capo dell’Esercito; l’ammiraglio Erich Raeder, già sedotto dalle promesse del dittatore nazionalsocialista, comandante in capo della Marina ed Hermann Göring, braccio destro di Hitler e “numero due” del partito e già asso dell’aviazione durante il primo conflitto mondiale, divenne comandante in capo della Luftwaffe, l’aviazione militare. Lo Stato maggiore del generale Keitel ebbe il compito di mettere a punto e ratificare i piani delle future operazioni militari. Entro il primo anno della sua istituzione, progettò l’annessione dell’Austria o Anschluss, mentre pochi mesi dopo fu il turno della Cecoslovacchia.
Nell’agosto 1939, meno di un mese dallo scoppio della guerra, Keitel chiamò un suo vecchio amico, il generale Alfred Jodl, a presiedere l’Ufficio Comando e Operazioni dell’OKW. Tuttavia, benché fosse il “numero due” del Reich almeno nei quadri dell’esercito, Keitel era di indole arrendevole, fu sempre disposto ad assecondare la volontà inflessibile di Hitler e non seppe mai far valere le proprie ragioni di fronte al suo Führer. Probabilmente per questo egli riuscì sempre a conservare la propria carica fino all’ultimo, mentre innumerevoli altri ufficiali capaci furono allontanati dai loro posti in occasione delle prime sconfitte, colpevoli di non obbedire troppo entusiasticamente agli ordini del Reichskanzler, uno su tutti Heinz Guderian.
Gli avversari di Keitel e molti dei suoi collaboratori non mancavano di indirizzargli pesanti ironie e feroci stilettate, attribuendo, non a torto, alla sua silenziosa acquiescenza anche di fronte ai più assurdi propositi del Führer gli innumerevoli disastri e le perdite subite dalla Wehrmacht. Era spesso indicato con epiteti dispregiativi, come “il generale signorsì”, “General Jawohl” o addirittura “lacchè”, in un gioco di parole “Lakeitel”, poiché “lacchè” in tedesco è “Lakai”. Ma, benché egli fosse stato conquistato dall’ideologia nazionalsocialista, posizione non del tutto condivisa dalla maggioranza degli alti ufficiali, Keitel era pur sempre un militare di professione e certo vide più chiaro del suo Führer in occasione dei vari rovesci subiti dai tedeschi durante la guerra.
Hitler, che pure aveva assunto personalmente la carica di comandante supremo delle forze armate, non sapeva nulla di tattica e strategia militare e non voleva sentir parlare di ritirata, nemmeno quando questa fosse l’unica soluzione ragionevole. Questa sua ostinazione sul lungo periodo avrebbe comportato per la Germania perdite umane ingenti, che avrebbero potuto essere evitate con una condotta di guerra più accorta. Ci fu tuttavia un’occasione in cui questo fedele esecutore delle direttive hitleriane avanzò delle obiezioni.
Nel dicembre 1941 Keitel, pressato dai comandanti militari impegnati nella campagna di Russia, osò per la prima e unica volta nella sua carriera opporsi a una decisione del Führer, proponendo che le truppe sfinite e male equipaggiate si ritirassero dalle posizioni davanti a Mosca per ricostituire un fronte più solido diversi chilometri indietro, in attesa che fosse possibile riprendere l’offensiva dopo la fine dell’inverno. Hitler lo aggredì con un “Lei è un imbecille”, che lo portò a un passo dal suicidio. Pare che il generale Jodl lo avesse trovato intento a scrivere una lettera di dimissioni al capo del governo con una rivoltella posata al suo fianco. Jodl gli sottrasse la pistola e lo convinse, sembra senza incontrare troppa resistenza, a rinunciare ai suoi orgogliosi propositi per continuare ad ingoiare le umiliazioni quotidiane impostegli dal dispotico capo, cosa che Keitel continuò poi stoicamente a fare fino alla fine.
Keitel svolse un ruolo importante nello sventare il complotto del 20 luglio 1944 contro Hitler. Dopo il suicidio del Fuhrer, il 30 aprile 1945, fu per breve tempo membro del governo dell’ammiraglio Karl Dönitz. Nonostante si fosse fin da subito dichiarato contrario ad accettare la proposta di una resa incondizionata agli Alleati, toccò proprio a lui siglare, l’8 maggio 1945, l’atto di resa della Germania all’Unione Sovietica nel quartier generale del comandante Georgij Žukov, a Berlino.
Arrestato a Flensburg il 12 maggio 1945, fu trasferito nel campo Ashcan e il 10 agosto portato a Norimberga, ove, a causa del suo grado, fu uno dei principali imputati al processo. Alla fine, dichiarò di essere stato un soldato che eseguiva soltanto degli ordini. Si considerava un militare e accettava le responsabilità delle sue decisioni militari, ma se gliene venivano attribuite alcune che avrebbero potuto portare alla sua condanna, allora diventavano quelle di Hitler.
La vista dell’inconcepibile crimine in un film-documento eseguito nei campi di concentramento e visionato nell’aula del tribunale, fece luce sul suo vero ruolo e lo angosciò, non essendone mai stato a conoscenza. La maggior parte degli imputati disse che non era vero e che non l’avevano fatto loro, invece Keitel pianse quando gli si mostrò come i bulldozer ammucchiavano i corpi a Dachau. Avrebbe voluto rilasciare un’ultima dichiarazione ufficiale, ma Hermann Göring glielo impedì e lui ubbidì, come sempre, al volere dei suoi superiori, fedele anche nella morte al giuramento di fedeltà prestato a Hitler. Provò del rimorso sincero, ma troppo tardi, e fu la dichiarazione più impressionante fatta da uno degli imputati al processo, ammettere di essere colpevole e assumersene la responsabilità.
Accusato di aver diramato ordini illegali contro le popolazioni dei paesi occupati e i prigionieri di guerra, Keitel fu riconosciuto colpevole di tutti e quattro i capi di accusa a lui contestati e, condannato a morte, fu il secondo ad essere impiccato, subito dopo Joachim von Ribbentrop, nelle prime ore del mattino del 16 ottobre 1946.
Keitel aveva però espresso il desiderio a Norimberga di essere fucilato come un soldato, invece di essere impiccato, ma il tribunale rifiutò la proposta. Le sue ultime parole furono:
«Chiedo all’Onnipotente di avere pietà per il popolo tedesco. Prima di me, oltre due milioni di soldati tedeschi sono andati incontro alla morte per la loro patria. Ora vado a riunirmi ai miei figli. Tutto per la Germania!»
Il cadavere di Keitel venne cremato e le ceneri vennero sparse, insieme a quelle di Alfred Jodl, a Monaco di Baviera nel Wenzbach, un piccolo ruscello affluente del fiume Isar.
Le macchie di sangue facciale nella foto del cadavere di Keitel erano dovute alla botola troppo piccola, che causava a lui e a molti altri condannati lesioni alla testa colpendo la botola durante la caduta.
Donald E. Wilkes Jr., professore di diritto presso la School of Law della University of Georgia, ha osservato che molti dei nazisti giustiziati sono caduti dalla forca con forza insufficiente per spezzargli il collo, provocando una macabra e soffocante lotta mortale che nel caso di Keitel è durata 24 minuti.