Secolo XIX

Sebbene le persecuzioni esistessero ancora, l’emancipazione si diffuse in tutta l’Europa del XIX secolo. Napoleone invitò gli ebrei a lasciare i ghetti ebraici europei e cercare rifugio nei regimi politici tolleranti di nuova costituzione, che offrivano la parità ai sensi della legge napoleonica. Nel 1871, con l’emancipazione degli ebrei da parte della Germania, tutti i paesi europei tranne la Russia avevano emancipato i propri ebrei.

In alcuni paesi, l’emancipazione avvenne con un unico atto. In altri, vennero concessi inizialmente dei diritti limitati, nella speranza che gli ebrei “cambiassero per il meglio”.

Nonostante la crescente integrazione degli ebrei con la società laica, una nuova forma di antisemitismo emerse, sulla base delle idee di razza e nazione, piuttosto che odio religioso del tipo medievale. Questa forma di antisemitismo sosteneva che gli ebrei fossero una razza distinta e inferiore a quella ariana dell’Europa occidentale, e portò alla nascita di partiti politici in Francia, Germania e Austria-Ungheria, che fecero una campagna di revoca dell’emancipazione. Questa forma di antisemitismo apparve frequentemente nella cultura europea: il caso più famoso fu l’Affare Dreyfus in Francia. Tali persecuzioni, insieme ai pogrom sponsorizzati dallo stato in Russia nel tardo XIX secolo, portarono un certo numero di ebrei a credere che sarebbero stati al sicuro solo in una propria nazione.

Durante questo periodo, la migrazione ebraica verso gli Stati Uniti creò una nuova grande comunità per lo più liberata delle restrizioni europee. Oltre 2 milioni di ebrei arrivarono negli Stati Uniti tra il 1890 e il 1924, la maggior parte dalla Russia e dall’Europa orientale. Un fenomeno simile si verificò nella punta meridionale del continente, in particolare nei paesi di Argentina e Uruguay.