Gross-Rosen

Il campo di concentramento di Gross-Rosen, in lingua tedesca Konzentrationslager Groß-Rosen o KZ Groß-Rosen, era un lager nazista situato presso l’omonimo villaggio di Gross-Rosen, oggi Rogoźnica, in Polonia, nella Bassa Slesia. Il campo fu aperto il 2 agosto 1940 come sottocampo di Sachsenhausen, ma il 1º maggio 1941, divenne indipendente da quest’ultimo. Il campo, che divenne in breve tempo, il più grande della Bassa Slesia, è noto per essere stato uno fra i più famigerati per il trattamento brutale riservato ai prigionieri Nacht und Nebel, Notte e Nebbia, e per aver internato 26.000 donne (la maggior parte delle quali ebree) su un totale di 76.728 prigionieri, che rappresentò «uno dei più grandi gruppi di prigionieri di sesso femminile» in tutto il sistema concentrazionario nazista.
«Istituito nel 1940 come sottocampo del campo di concentramento di Sachsenhausen, il campo prese il nome dal vicino villaggio di Gross-Rosen oggi chiamato Rogoznica. Il villaggio si trova a circa 40 km a sud ovest di Breslavia, nell’attuale Polonia Occidentale». Appena un anno dopo nel 1941, Gross-Rosen divenne un campo di concentramento autonomo con tutte le caratteristiche criminali dell’universo concentrazionario nazista.
Il primo gruppo di prigionieri che arrivò a Gross-Rosen, fu quello di 98 polacchi provenienti da Sachsenhausen. Il campo progettato per ospitare il numero massimo di 12.000 internati, subi’ diversi ampliamenti, tanto che nel 1944, la popolazione degli internati veniva stimata in 35.000 unità.
Inizialmente gli internati furono obbligati a lavorare nella grande cava di granito, nei pressi del campo di proprietà della DESt, Deutsche Erd- und Steinwerke GmbH, ossia Società tedesca della terra e della pietra, una società di proprietà delle SS che si occupava dell’estrazione del granito da utilizzare per la creazione dei monumentali edifici che avrebbero dovuto sorgere in tutto il Reich. «L’impresa non risultò particolarmente vantaggiosa, ma ciò nonostante migliaia di belgi, bulgari, danesi, cechi, greci, francesi, polacchi, rumeni, ungheresi, italiani e russi vi condussero una vita di stenti, di fame, di epidemie». Con la crescita del complesso ed il prosieguo del conflitto molti internati vennero trasferiti nei campi satelliti di Gross-Rosen per lavorare nelle industrie di materiale bellico e di prodotti chimici lavorando per aziende come la IG Farben, la Krupp e la Daimler Benz.
In breve tempo Gross-Rosen si trovò ad amministrare una rete di circa 97 sottocampi, tanto che il 1º gennaio 1945 Gross-Rosen ed i suoi campi satelliti potevano contare su 76.728 prigionieri di cui 26.000 donne, «uno dei più grandi gruppi di prigionieri» donne nel complessivo sistema dei campi di concentramento istituiti dal nazismo.
Il lager di Gross-Rosen è famoso per il brutale trattamento riservato ai prigionieri Nacht und Nebel (NN, «notte e nebbia»), principalmente resistenti alle forze tedesche catturati e deportati senza processo e senza che nessuno, neppure i parenti più stretti, sapesse nulla circa il loro destino (e per questo scomparsi nella «notte e nella nebbia»). La maggior parte della popolazione del campo era comunque formata da ebrei trasferiti inizialmente dai campi di Dachau e Sachsenhausen, e successivamente da Buchenwald. La popolazione ebrea del campo proveniva principalmente dalla Polonia e dall’Ungheria, ma non mancarono internati da Belgio, Francia, Grecia, Jugoslavia, Slovacchia ed Italia.
Raggiunse la massima espansione nel 1944 arrivando a contare un centinaio di sottocampi sparsi tra la Germania orientale e la Polonia. Nel suo ultimo periodo la popolazione del complesso di Gross-Rosen arrivò a contare l’11% del totale degli internati rinchiusi nei campi di concentramento nazionalsocialisti. Un totale di circa 125.000 deportati transitò per il complesso e si stima che di questi circa 40.000 siano morti per il lavoro o durante le marce forzate di evacuazione.
Il tasso di mortalità nel campo fu altissimo tanto che il crematorio di Gross-Rosen «risultò insufficiente per «trattare» tempestivamente le spoglie delle vittime» prova ne è che «dagli atti che la ditta Topf & Sohne di Erfurt, specializzata nella costruzione di crematori, fu sollecitata per l’installazione di un impianto di grande capacità, a quattro bocche».
Quando il campo stava per essere raggiunto dall’avanzata delle forze sovietiche nel gennaio del 1945, il complesso di Gross-Rosen incominciò ad essere evacuato, cosa che accadde anche per i sottocampi della riva orientale del fiume Oder. «Ai primi di febbraio del 1945, il campo principale e molti sottocampi erano stati completamente evacuati»i. «40.000 prigionieri, la metà dei quali ebrei furono costretti a marce della morte verso ovest, a piedi ed in condizioni brutali». Alcuni fra i sopravvissuti a queste marce furono trasportati su treni a «Bergen-Belsen, Buchenwald, Dachau, Flossenbürg, Mauthausen, Dora-Mittelbau e a Neuengamme. Molti furono i prigionieri che trovarono la morte, per la mancanza di cibo e di acqua, durante quelle evacuazioni, d’altronde le SS uccisero tutti quei prigionieri che erano diventati troppo deboli per continuare “il viaggio”.
Il 14 febbraio 1945 sopraggiunsero i «reparti della 52ª armata sovietica del fronte ucraino», e liberarono Gross-Rosen.
I sottocampi di Gross-Rosen furono circa un centinaio, di essi fra cui (Brunnlitz o Bruennlitz, Graeben, Gruenberg, Gruschwitz Neusalz, Hundsfeld, Kratzau II, Oberalstadt, Reichenbach e Schlesiersee Schanzenbau), vennero adibiti all’internamento femminile. Per la loro sorveglianza furono utilizzate circa 500 guardie femminili appartenenti alle SS.
Il più grande gruppo di internati a Gross-Rosen fu costituito da ebrei. L’8 giugno 1941 un piccolo loro gruppo fu trasferito da Dachau, in seguito ci furono trasferimenti più frequenti provenienti da altri campi. Tale gruppo subì un trattamento molto duro, sottoposti al massacrante lavoro nelle cave, non fu data loro tregua nemmeno nelle pause. A loro furono anche negate le cure mediche e fu proibito di comunicare con detenuti di altri blocchi. Dal 1943 al 1945 ci furono trasferimenti più massicci e giunsero al campo, dalla Polonia, Ungheria, Francia, Belgio, Jugoslavia, Slovacchia, Grecia ed Italia e riguardò anche 26.000 donne su un totale di 57.000 prigionieri.
Un altro considerevole gruppo di internati riguardò i prigionieri Nacht und Nebel, prigionieri politici. Anche loro subirono un durissimo trattamento