Enzo Boni Boldoni

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Vincenzo Boni Baldoni nasce a Cavriago, provincia di Reggio Emilia, nel settembre del 1906 da una famiglia di modeste condizioni economiche e già durante la Prima Guerra Mondiale rimane orfano di madre. La parrocchia in cui cresce è quella di San Nicolò, dove riveste grande importanza l’associazionismo cattolico. Anche il padre di Enzo ne è attivista fino alla fondazione del Partito Popolare Italiano, nelle cui liste viene eletto consigliere comunale di Cavriago nel 1920 e nel 1923. 
Finite le scuole elementari, Enzo entra in seminario e viene ordinato sacerdote nel 1931. Dopo una parentesi come canonico a Sassuolo, nel 1938 diventa parroco di Toano sull’Appennino reggiano. Già nel 1940 lascia tracce del suo coraggio negli appunti per un’omelia, concludendo, con parole assai significative: eterno riposo ai morti di guerra; conforto agli esuli, ai prodighi, dispersi, prigionieri; pace con giustizia. Si tratta di un invito che preannuncia i comportamenti futuri e contrasta con quei parroci che auspicano sì la pace, ma con la “vittoria delle nostre armi”. 
Con l’8 settembre 1943 la situazione diventa drammatica: fino alla primavera del ‘44 tutti i paesi dell’Appennino sono presidiati dai fascisti e anche dopo la liberazione di ampie zone da parte dei partigiani continua la caccia agli ebrei da deportare nei campi di sterminio. Don Enzo ospita molti fuggitivi e si adopera per far giungere viveri e coperte nei boschi: nella primavera del1944 un gruppo di paesani vi sopravvive per quindici giorni proprio grazie al suo intervento. Tra le testimonianze più toccanti, quella della famiglia ebrea di Enzo Modena, sfollato da Milano con la moglie Ester e i due figli Vittorio e Bruno. Ester viene arrestata durante un rastrellamento tedesco e condotta al “Centro antiribelli” di Ciano d’Enza, dove tanti partigiani vengono torturati e uccisi. I nazisti non capiscono che si tratta di un’ebrea, in quanto ha documenti falsi e mutato il cognome in Bianchi. Di fronte alla disperazione del marito, Don Enzo interviene presso il centro e riesce a ottenere il rilascio della donna senza neppure utilizzare la grossa cifra offerta dai familiari. 
Il prete di Cavriago agisce nel massimo riserbo e mantiene contatti solo con i massimi dirigenti del CNL, come il Commissario generale della Divisione partigiana Centro-Emilia Davide, (l’avv. Osvaldo Pioppi), tanto che gli stessi partigiani della zona nutrono sospetti sui suoi rapporti con i nazifascisti. 
Solo dopo la Liberazione, un’indagine della Corte d’Assise straordinaria di Reggio, che ha il compito di giudicare i crimini fascisti e gli episodi di collaborazionismo, rivela il vero ruolo di Don Enzo. Nel decennale della Liberazione, il parroco riceve il riconoscimento della Comunità ebraica di Modena per l’aiuto fornito ad ebrei braccati dai nazisti e un attestato dell’Unione delle Comunità Ebraiche d’Italia con le firme dei massimi esponenti della Resistenza italiana.
Il 2 dicembre 1945 don Enzo viene nominato parroco di Villa San Bartolomeo, a pochi passi dal paese natìo. Muore dopo una lunga sofferenza per un male incurabile, nel maggio del 1972. 
Nel 2002 riceve la medaglia e l’attestato di “Giusto fra le Nazioni” alla memoria da parte dell’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme.