Fuga da Sobibor

Il campo di Sobibór è noto per una rivolta dei prigionieri ebrei. Nel campo si stava organizzando un gruppo di resistenti che, sotto la guida di Leon Feldhendler, che era stato capo del Consiglio ebraico della città polacca di Zolkiew, stavano progettando una rivolta per tentare di fuggire, sull’esempio del tentativo di fuga dei prigionieri di Treblinka del 2 agosto 1943 e della rivolta del ghetto di Varsavia. I rivoltosi trovarono in Aleksandr Aronovič “Saša” Pečerskij, ufficiale ucraino dell’Armata rossa, l’uomo più adatto a guidarli per la sua esperienza e capacità in guerra.
Il piano per la rivolta prevedeva di attirare singolarmente in un luogo isolato gli ufficiali delle SS e ucciderli. In seguito si sarebbe assaltato l’arsenale del campo e dopo essersi riforniti di armi fuggire dall’entrata principale, l’unica accessibile poiché il resto del terreno circostante il lager era minato. Gli organizzatori della rivolta cercarono anche la complicità delle guardie ucraine che accettarono di aiutarli per non essere coinvolte nell’eliminazione delle SS tedesche ma poi quasi tutte fuggirono per conto loro.
Il 14 ottobre 1943 iniziò la rivolta di Sobibór. 11 ufficiali delle SS vennero uccisi ma la scoperta del cadavere del sergente Rudolf Beckmann mise in allerta i guardiani del campo che iniziarono a massacrare i primi detenuti che tentavano la fuga attraverso il campo minato in direzione del bosco. Alcuni di questi prigionieri morirono saltando per aria sulle mine ma in questo modo riuscirono ad aprire la strada agli altri che li seguivano.
Dei circa 600 detenuti in fuga circa la metà riuscirono a evadere ma di questi 70 furono uccisi mentre fuggivano. Dei sopravvissuti circa 170 furono nuovamente catturati dalle SS nei dintorni del lager e uccisi nei giorni seguenti assieme ad altri prigionieri che non avevano partecipato all’evasione.