Andrey Vlasov

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Andrej Andreevič Vlasov, 14 settembre 1900, 1º settembre del calendario giuliano – Mosca, 2 agosto 1946), è stato un generale sovietico dell’Armata Rossa durante la seconda guerra mondiale, famoso per essere stato l’eroe della difesa di Mosca e aver in seguito cooperato con la Germania nazista alla guida dell’Armata Russa di Liberazione.
Vlasov nacque a Lomakino, piccolo centro nell’Oblast’ di Nižnyj Novgorod, come ultimo di 13 figli del sarto del paese. Avviato gratuitamente agli studi religiosi, lasciò il seminario nel 1919, all’apice della guerra civile russa, per arruolarsi nell’Armata Rossa. Combatté in Ucraina, nel Caucaso e in Crimea con la II divisione del Don, distinguendosi per le sue qualità tattiche con le quali divenne rapidamente capitano dell’esercito, e promosso maggiore al termine del conflitto.
Specializzatosi all’Accademia Militare di Mosca, gli venne affidato col grado di colonnello il comando del 2º reggimento fucilieri della divisione turkmena. S’iscrisse al Partito Comunista nel 1930, si sposò nel 1933 con una giovane donna originaria di un villaggio vicino a quello della sua nascita, e che stava per specializzarsi in medicina.
Durante le Grandi Purghe del 1934-1935, servì come capo di stato maggiore della 72ª Divisione tiratori, e fu allora che la moglie, discendente di un Kulak, lo lasciò per evitare di metterlo in cattiva luce nei confronti delle autorità militari.
Fedelissimo seguace dello stalinismo, Vlasov ebbe modo di beneficiare dell’eliminazione di tanta parte dei suoi superiori per guadagnare fulminei avanzamenti di grado, e divenne uno dei comandanti militari di cui Stalin si fidava maggiormente.
Nel 1938 fu inviato in Cina dapprima come capo di stato maggiore del generale Čerepanov, in seguito come capo istruttore all’interno dell’Accademia militare di Chongqing. Ricoprendo questi incarichi, si rese conto che la politica estera sovietica stava di fatto eseguendo un doppio gioco: da un lato, appoggiava il Kuomintang contro i Giapponesi che avevano invaso la Manciuria; dall’altro, intratteneva rapporti stretti con gli avversari interni dei nazionalisti, i comunisti di Mao Zedong. L’attività di istruttore valse a Vlasov una serie di onorificenze cinesi, che gli furono sequestrate al ritorno in patria, nel 1939.
Messo a capo di una delle peggiori unità dell’Armata Rossa, la 99ª Divisione di fanteria, fu in grado di raddrizzare la disciplina e lo spirito dei suoi uomini, rendendola una delle più combattive dell’esercito.
L’invasione tedesca dell’URSS del 1941 vide Vlasov giocare un ruolo importantissimo nella difesa della capitale sovietica e del capoluogo ucraino, Kiev: decorato più volte con diverse onorificenze (tra cui l’Ordine di Lenin), secondo alcuni storici fu in grado di guadagnare la fiducia delle truppe con un forte carisma, lo stesso che gli aveva permesso di salire in fretta sulla scala gerarchica.
Dopo i suoi successi sulle pianure, Vlasov fu incaricato di gestire la 2ª Armata d’assalto, la cui missione era la rottura dell’assedio di Leningrado. La missione fallì, e la 18ª Armata della Wehrmacht distrusse definitivamente l’armata russa nel giugno 1942: l’unico disperato tentativo di fuga dalla sacca, lungo uno stretto corridoio di 400 metri a cavallo della ferrovia che portava in città, si rivelò un massacro e, dei 16.000 sovietici, ne sopravvissero meno di 2.000.
Non è ben chiaro se, a questo punto, Vlasov sia passato al nemico in seguito a cattura o a defezione, né se la sua diserzione sia da imputarsi a una vendetta, per la mancanza del dovuto appoggio durante la battaglia; ad ogni modo, partì da Vlasov l’idea di costituire il Comitato di liberazione dei popoli della Russia e l’Esercito Russo di Liberazione , un’armata di prigionieri, volontari ed emigrati russi reclutati inneggiando al ritorno alla Russia nazionale, che avrebbero dovuto unirsi alla Wehrmacht contro l’Unione Sovietica. Nella primavera del 1943 Vlasov venne anche utilizzato dalla propaganda tedesca come strumento per favorire le defezioni tra i reparti dell’Armata Rossa e minare la coesione dell’esercito sovietico. In un primo momento avrebbe dovuto essere sviluppata l’ambiziosa Azione Silberstreifen che prevedeva il lancio del “volantino n. 13” oltre le linee nemiche che illustrava le proposte del generale.
Una solenne cerimonia a Praga designò Vlasov a capo del Comitato e dell’armata, che però ebbe poche occasioni di combattere i sovietici: Hitler non pensava infatti che il progetto di Vlasov potesse avere successo, portandolo quindi a sostituire Stalin e a dimenticare l’alleato tedesco; per questo motivo i reggimenti dell’Esercito di Liberazione furono per lo più destinati a incarichi di pattuglia ben al di qua della linea del fronte. Quando il rullo compressore sovietico fu a regime, e i combattimenti si spostarono verso Berlino, Vlasov e i suoi reggimenti si spostarono gradualmente verso ovest, e alla fine della guerra, nel maggio 1945, si trovavano attestati tra Praga e Linz.
Vlasov e undici alti ufficiali dell’Esercito di Liberazione si arresero agli Alleati occidentali, ma né gli Americani né i britannici avevano interesse ad accogliere richieste di asilo che avrebbero compromesso il rapporto con un potente alleato come l’Unione Sovietica: riportati a Mosca, furono processati per alto tradimento e impiccati il 2 agosto 1946. Vlasov aveva quarantacinque anni.