Treblinka

Treblinka fu (con Chełmno, Bełżec, Sobibór e Auschwitz-Birkenau) uno dei principali campi di sterminio del regime nazista durante l’Olocausto. Nel luglio 1942 fu (dopo Bełżec e Sobibór) l’ultimo ad entrare in funzione dei tre campi di sterminio aperti nel 1942 nell’est della Polonia occupata, al fine di attuare l’Operazione Reinhard (in tedesco Aktion Reinhardt), nome in codice dato dai nazisti al progetto di sterminio degli ebrei in Polonia. Il campo di Treblinka è tristemente noto, nei rapporti fatti dai pochi sopravvissuti, per lo sterminio perpetrato con balorda violenza ed insolita ferocia sulle vittime.

Secondo alcune stime, in solo sedici mesi, nel campo furono uccise dai 700.000 ai 900.000 internati, secondo solo al numero delle vittime di Auschwitz II (Birkenau).

Il primo campo di sterminio nazista fu Chełmno nel 1941, seguito poi da Bełżec, Sobibór ed infine Treblinka, la cui costruzione iniziata a fine maggio – inizio giugno del 1942, fu conclusa e divenne operativa il 22 luglio 1942. A sessanta chilometri da Varsavia e vicino ad una zona scarsamente popolata, nascosta da una folta vegetazione boschiva e di alte piante di pini, il campo di sterminio venne costruito da imprese tedesche nelle vicinanze di un preesistente campo penale istituito nel 1941.

Questi campi furono creati per l’eliminazione ed esproprio dei beni di Ebrei provenienti dalla Galizia, dai ghetti e dai territori del Governatorato Generale nell’Europa Orientale, sterminio necessario per la pulizia etnica (o “arianizzazione”) effettuata in vista dell’insediamento della popolazione tedesca per la colonizzazione in quelle regioni, a guerra finita.

Quando si fosse realizzato il sogno hitleriano del grande Tausendjähriges Reich (Reich Millenario), anche per i nuovi vasti territori conquistati, i nazisti avrebbero continuato dopo la guerra, lo sterminio per la pulizia etnica e la riduzione in schiavitù degli Ebrei rimasti e di circa 50 milioni di slavi seguendo sempre le direttive del Generalplan Ost (Piano Generale per l’Est) del 1940; questo piano prevedeva che il sistema del genocidio escogitato e applicato nei campi di sterminio della Polonia come Treblinka, si sarebbe esteso su ben più vasta scala anche per tutti i territori fino agli Urali, pensati come il nuovo confine tedesco.

Come già detto il campo di Treblinka fu costruito nell’ambito dell’Operazione Reinhard ideata dal fanatico nazista Reinhard Heydrich allora governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, per attuare la Soluzione finale del problema ebraico decisa da Hitler all’inizio del 1942. Questo progetto prevedeva specificatamente di effettuare il genocidio ebraico, già iniziato dalle unità mobili di sterminio delle Einsatzgruppen, che fino a quel momento avevano ucciso un milione di persone tra Ebrei, Zingari e Commissari politici sovietici, dentro recinti di campi di concentramento precostituiti. L’uso dei campi si rendeva necessario per ovviare ad inconvenienti che si erano venuti a creare con lo sterminio mobile.

Il progetto di Heydrich attuava una forma più “umana” per le esecuzioni ma non per le vittime, bensì per le truppe che dovevano compiere i massacri. Con la creazione dei campi di sterminio si evitava ai militi delle SS l'”imbarbarimento” derivato dall’uccisione diretta con armi da fuoco, armi bianche o altro, astraendo con l’uso di camere a gas, l’atto di uccidere, così snervante e stressante degli esecutori che dovevano attuarlo. Questo grave inconveniente era emerso dalle osservazioni sulle unità operative delle Einsatzgruppen; altri inconvenienti erano l’impossibilità di tenere segreta l’operazione e un numero di eliminati inferiore rispetto a quello indicato; era chiaro che, in vista degli immani eccidi pianificati, servisse un sistema più veloce, un omicidio di massa su “scala industriale” invece di quello, seppur micidiale, delle esecuzioni dirette. Di qui la nascita dei lager di sterminio, recinti in cui i massacri potevano avvenire con tutta tranquillità, al riparo di sguardi indiscreti; i capi nazisti erano convinti che le generazioni future tedesche non avrebbero capito lo sterminio e ne sarebbero rimaste turbate; quindi tutto il genocidio doveva passare sotto silenzio ed essere tenuto nascosto.

In realtà gli stessi capi del nazismo temevano le ripercussioni e le accuse della comunità internazionale che si sarebbero sollevate contro la Germania e specialmente contro di loro che avevano attuato il genocido. Una volta che la verità dei campi di sterminio fosse venuta a galla, sarebbero stati bollati per sempre come criminali storici ed esposti al rischio di condanne, come poi in effetti accadde.

Nel novembre 1941 era già stato costruito, nei pressi di una grande cava di ghiaia, il campo di lavoro Treblinka (Arbeitslager Treblinka), denominato in seguito Treblinka I. Questo campo, quasi sconosciuto rispetto al suo drammatico omonimo, sorse a circa 2 km a sud del sito di fondazione del futuro campo di sterminio e i prigionieri ivi rinchiusi, per la maggior parte prigionieri politici polacchi (ed alcuni ebrei), vennero impiegati in lavori di scavo e trasporto dei materiali della vicina cava. Treblinka I fu liberato nell’agosto 1944 dalle forze sovietiche avanzanti. Si stima che in questo campo siano transitate circa 20.000 persone (la popolazione del campo oscillava tra i 1000 ed i 2000 deportati) e che almeno la metà sia morta a causa delle difficili condizioni di vita.

Il campo di sterminio di Treblinka vero e proprio, fu operativo, invece, dal 22 luglio 1942 al 19 ottobre 1943. Anch’esso, come il primo, prese il nome del villaggio presso il quale venne costruito, oggi nel comune di Małkinia Górna, a 80 km a nord-est di Varsavia, nel voivodato della Masovia di Polonia. Questo lager di sterminio era diviso in due sezioni, Campo 1 e Campo 2 e fu chiamato Treblinka II per differirlo dal precedente Treblinka I, il campo di lavoro.

Prima dell’Operazione Reinhard più di un milione di ebrei era stato ucciso dalle Einsatzgruppen, unità mobili delle SS che avevano come compito quello di sterminare gli ebrei nei territori conquistati dall’esercito tedesco. Diventò ben presto evidente però che tali squadre non erano in grado di occuparsi dei milioni di ebrei che i nazisti avevano concentrato nei ghetti delle città polacche. Paradossalmente le autorità naziste erano preoccupate dell’imbarbarimento e del logorìo mentale degli uomini delle Einsatzgruppen «costretti» ad uccidere direttamente le vittime in ogni modo possibile, sia esso con un colpo alla nuca, mitragliatrici o addirittura appiccando il fuoco ad edifici pieni di gente.

Così Treblinka, assieme agli altri campi dell’Operazione Reinhard, fu realizzato apposta per la rapida eliminazione degli ebrei dei ghetti. Il campo di Treblinka fu pronto per lo sterminio dal 22 luglio 1942, quando giunsero i primi convogli di prigionieri: Secondo un rapporto del comandante di brigata delle SS Jürgen Stroop approssimativamente 310.000 ebrei furono trasportati in treni merci dal ghetto di Varsavia a Treblinka durante il periodo dal 22 luglio 1942 al 3 ottobre 1942. Mediamente arrivavano a Treblinka fino a 20.000 vittime al giorno avviate subito al “trattamento speciale” cioè allo sterminio; i giorni in cui ne arrivavano 6 – 7 000 erano considerati “giorni di magra”.

Il campo fu costruito a 80 km a nord-est della capitale polacca, Varsavia, vicino a Malkinia-Gorna, un nodo ferroviario lungo la linea Varsavia – Bialystok, 4 km a nord-ovest del villaggio di Treblinka e della sua stazione ferroviaria a cui, il 15 giugno 1942 il campo fu collegato con un binario di scambio. Il luogo scelto era fittamente boscoso, nascosto alla vista e ben collegato alla rete ferroviaria di mezza Europa.

I lavori di costruzione iniziarono nel tardo maggio – inizio giugno 1942. Gli appaltatori erano le ditte tedesche di costruzione Schönbronn (Lipsia) e Schmidt-Münstermann. Il filo spinato fu fornito dalla Società Deutsche Seil – und Drahtfabrik. Ebrei di Varsavia e delle città circostanti, così come prigionieri di Treblinka I, furono utilizzati per completare la costruzione. Incaricato dei lavori fu l’SS-Hauptsturmführer Richard Thomalla, l’esperto di costruzioni dell’Aktion Reinhard.

Il primo comandante del campo fu l’austriaco SS-Obersturmführer Irmfried Eberl, che aveva prestato servizio a Bernburg, uno dei sei famigerati centri di eutanasia tedeschi. Nell’agosto 1942 Eberl fu rimosso dal comando dal supervisore dei campi Globocnik, quando con Wirth aveva visitato Treblinka, dopo essere stato informato della cattiva gestione del processo di sterminio e fu sostituito da Franz Stangl, SS-Obersturmführer, già comandante del campo di sterminio gemello di Sobibor. Christian Wirth si stabilì temporaneamente a Treblinka per risolvere il caos creato da Eberl, portando con sé diversi uomini esperti delle SS di Belzec, come Franz e il famoso Hackenholt, per assisterlo nel compito.

A Natale del 1942, Stangl fece costruire una falsa stazione ferroviaria di Treblinka: un orologio dipinto, fisso sulle ore 6.00, una finta biglietteria, tabelloni degli orari e vistose frecce indicanti i treni “Per Varsavia”, “Per Wolkowice” e “Per Bialystok”. Per tranquillizzare le vittime arrivate gli altoparlanti diffondevano piacevole musica mentre la voce del comandante chiedeva la loro collaborazione, dicendo che erano giunti in un campo di transito dove sarebbero stati sottoposti a docce, disinfezione e poi rifocillati con una calda zuppa prima di essere smistati verso comodi campi di lavoro. Alle donne si dovevano tagliare i capelli sempre per ragioni igieniche.

Tra i primi di settembre 1942 e gli inizi di ottobre 1942, fecero allora costruire altre dieci “nuove camere a gas”, comprendenti stanze più capienti e dotate come le prime, di doppie porte parallele, una per l’entrata delle vittime e l’altra per lo sgombero dei loro corpi; in totale tredici camere a gas. Fu demolita la grande ciminiera della vecchia fabbrica di vetro di Malkinia, allo scopo di reperire materiali di risulta necessari per la costruzione del nuovo edificio. Le dieci camere a gas furono così erette con i mattoni riutilizzati con grande economia, dall’esperto in costruzioni del campo, Erwin Lambert.

Pur isolati e stremati dalle atroci condizioni di vita, i prigionieri vennero a sapere della rivolta del ghetto di Varsavia e vollero tentare un’azione analoga. Il 2 agosto del 1943, i prigionieri delle squadre di lavoro si ribellarono, si impossessarono di piccole armi, spruzzarono cherosene sugli edifici e appiccarono un rogo. La storica della Shoah Annette Wieviorka su quella rivolta scrive: «causò molte vittime ma consentì a qualche centinaio di internati di evadere. Di questi ultimi, molti furono uccisi, la maggior parte fu catturata dopo una gigantesca battuta; qualche decina era ancora in vita dopo la guerra ». Il campo fu gravemente danneggiato dagli incendi, e l’eliminazione degli ebrei polacchi era stata ormai largamente completata. Il campo cessò le operazioni, e dopo poco fu raso al suolo, gli ultimi prigionieri furono fucilati e vi furono impiantate attività agricole per nascondere le atrocità commesse. Nello stesso periodo ci fu una rivolta analoga nel campo di sterminio di Sobibór. Nel campo arrivarono, dopo l’8 settembre, alcuni superstiti di Cefalonia ed altri prigionieri di guerra che furono eliminati direttamente al loro arrivo; un gruppo di 60 prigionieri assieme agli Ebrei presenti smantellarono il campo e furono a loro volta uccisi nell’ultima camera a gas ancora funzionante. Tra i fuggiaschi da Treblinka ci furono anche le due sorelle di Władysław Szpilman (Regina ed Halina). Mentre Halina viene uccisa da fuoco amico durante la rivolta, Regina, raggiunta Varsavia, morirà sotto i bombardamenti. Tuttora Regina è sepolta nel cimitero di Varsavia

Odilo Globočnik scrisse a Heinrich Himmler: “Il 19 ottobre 1943, è stata completata l’Operazione Reinhard, e tutti i campi sono stati liquidati”. All’arrivo dei sovietici, il contadino addetto alla conduzione della fattoria negò un precedente utilizzo differente del terreno circostante ma scavi effettuati portarono alla luce l’immensa fossa comune.

Il Campo I era composto da due parti. La prima era la sezione amministrativa, che comprendeva le caserme delle SS e delle guardie ucraine, la sede del comando, un panificio, dei magazzini e le baracche dei prigionieri che lavoravano per far funzionare il campo. Nell’altra parte del Campo I c’era un binario di raccordo ferroviario e una piattaforma per svuotare i treni del loro carico umano e un ampio spazio dove venivano accatastati i bagagli dei nuovi arrivati, espropriati ai prigionieri. Due edifici sorgevano vicino ai binari che erano impiegati per immagazzinare gli effetti personali dei prigionieri una delle strutture era camuffata da stazione ferroviaria per evitare che i prigionieri si rendessero conto del vero scopo del campo. C’erano altri edifici a 100 m dai binari utilizzati anch’essi come magazzini per i vestiti e gli oggetti dei prigionieri, uno fungeva da “tesoreria” per gli infiniti oggetti preziosi sottratti e una baracca dove alle donne venivano rasati i capelli, usati poi per scopi industriali.

C’era anche una finta infermeria con la bandiera della Croce Rossa, dove venivano mandati i malati, vecchi e feriti, chi era giunto cadavere e i “fastidiosi” cioè quelli che davano in escandescenze o sospettavano e incitavano la folla. Era una piccola baracca bianca dove operavano due criminali, finti medici in camice bianco e con al braccio la Croce Rossa. I prigionieri venivano, una volta spogliati, fatti sedere sull’orlo di una fossa e uccisi con un colpo di arma da fuoco alla nuca e spinti nella buca e quando la buca era colma, bruciati.

Ad una certa distanza vi erano gli uffici del campo, le baracche dei lavoratori ebrei, le officine, le stalle, le porcilaie, un magazzino di generi alimentari, un deposito di armi e persino uno zoo con panchine dove bere birra, qui le 20 guardie SS o i 120 sorveglianti ucraini potevano passeggiare o sedersi nei momenti fuori servizio.

Il Campo 2, il campo della morte, era posizionato su una piccola collina. Aveva anch’esso una baracca per i lavoratori prigionieri, di 30 metri per 10, una lavanderia, un piccolo laboratorio, alloggi per 17 donne, una postazione di guardia e un pozzo. Inoltre c’erano 13 camere a gas dove venivano uccisi i deportati.

Tutti gli edifici erano circondati da un recinto di filo spinato non percorso da corrente, oltre il quale c’era una fossa di 3 metri per 3, a sua volta delimitata da filo spinato. Entrambi i fili spinati erano alti circa 3 metri e lo spazio tra di loro era riempito da volute di filo d’acciaio; impossibile attraversarli. Lungo tutto il perimetro stavano di guardia gli Ucraini. L’intero campo (il n.1 e il n.2) era poi circondato da un’ulteriore recinzione di filo spinato alta 4 metri, nascosta da una siepe di arbusti.

Nel cortile del campo c’erano 4 torri di guardia, ognuna alta 4 piani; inoltre vi erano altre sei torri alte un piano.

I prigionieri, dall’area di accoglienza raggiungevano la zona di sterminio attraverso il caratteristico “Tubo”, un corridoio lungo 80 – 90 m e largo circa 4 m, racchiuso da una recinzione di filo spinato, alta 2 m, camuffata con rami di piante per non far vedere alle vittime dove in realtà si trovassero, vi era un kommando apposito era addetto al cambio dei rami. I Tedeschi lo chiamavano ironicamente, Himmelfahrtstraße (“La strada verso il cielo”). Il Tubo portava dagli spogliatoi delle vittime del campo 1 al campo 2, il campo della morte, direttamente all’ingresso delle nuove camere a gas.

Le camere inizialmente erano 3 a cui ne furono aggiunte altre 10. Vicino ad esse vi era una centrale elettrica che riforniva di corrente l’intero campo. Nella centrale elettrica vi era un motore recuperato da un carroarmato sovietico che faceva avviare il generatore di corrente. I gas combusti di questo motore erano collegati mediante condotti d’afflusso alle camere e il motore veniva usato per pompare il gas. In una camera di 25 metri quadrati vi venivano stipate 450 o 500 persone. Le camere avevano doppie porte; dopo la gassazione si apriva la porta dirimpetto a quella usata per far entrare le vittime e i corpi cadevano fuori. Poi i cadaveri venivano ispezionati per togliere loro eventuale oro odontoiatrico o preziosi nascosti nelle parti intime e infine trasportati con vagoncini su piccoli binari alle fosse comuni, distanti circa 150 metri per essere sepolti. Grandi escavatrici aprivano continuamente nuove fosse. Successivamente invece, i corpi furono cremati su grandi griglie costruite con binari ferroviari.

Sulla facciata dell’edificio delle camere a gas, le SS vi avevano appeso una grande Stella di David e avevano ornata la porta d’ingresso con un pesante tendaggio rubato in una Sinagoga e sopra vi avevano anche affissa la scritta:”Questa è la porta dove entrano i giusti.” I Tedeschi amavano molto la teatralità. Venivano inoltre distribuite agli Ebrei cartoline da spedire ai parenti, stratagemma per tranquillizzare i presenti e i destinatari delle missive da supposizioni di sterminio.

Dietro le camere a gas, nascoste alla vista, vi erano enormi graticole fatte con binari ferroviari, dove venivano messi a bruciare i cadaveri dei prigionieri gassati. Le cremazioni furono disposte dopo la visita di Himmler nell’aprile 1943; all’inizio i cadaveri erano sepolti in grandi fosse preparate da enormi escavatrici provenienti da Treblinka I.

A Treblinka non c’era la tipica selezione per gli abili e inabili al lavoro una volta scesi dai treni; la direzione era sempre e solo la morte. A parte i prigionieri schiavi lasciati in vita per i lavori nel lager, chi entrava a Treblinka doveva morire subito. All’inizio non c’erano forni crematori e nei primi 8 mesi furono usate vaste fosse comuni per lo smaltimento dei cadaveri e poi in seguito venne usata la cremazione, effettuata su gigantesche graticole costruite con binari ferroviari.

Si stima che nel solo campo di sterminio di Treblinka vennero uccise dalle 700.000 alle 900.000 persone. Pur essendo un noto luogo di morte, Treblinka non risulta tra i lager più tristemente famosi, nonostante la sua altissima micidialità seconda solo ad Auschwitz – Birkenau. Ciò perché di quell’immane carneficina nel dopoguerra erano rimasti in vita soltanto 18-20 sopravvissuti e le testimonianze in merito agli orrori di Treblinka sono rare e parziali e di conseguenza il materiale descrittivo delle atrocità compiute in questo lager ne illustra soltanto una piccolissima parte di quelle, che in realtà, vi avvennero.

Tra le rare testimonianze presenti vi è quella preziosa di un falegname ebreo polacco, Yankel Yakov Wiernik, nato a Biała Podlaska nel 1889 e deportato a Treblinka il 23 agosto 1942. Wiernik ha miracolosamente salva la vita poiché i nazisti hanno bisogno di lui, della sua grande maestria lavorativa per le costruzioni nel lager.

Autore del libro Un anno a Treblinka, Wiernik fu anche testimone con la sua deposizione al Processo Eichmann, in cui presentò anche un plastico da lui ricostruito del campo.

Nel suo libro immortala quello che vide a Treblinka, disumanità indescrivibili, inflitte con una cattiveria ed un sadismo assoluti, narra dei deportati che patirono torture, sevizie e sofferenze incredibili.

A Treblinka non si uccideva con il famigerato gas Zyklon B ma con il monossido di carbonio prodotto da motori di carrarmati russi a loro volta usati anche per produrre energia elettrica per il lager. Ciò rendeva la gassazione molto più lenta e dolorosa ma questo sistema evitava il rifornimento del gas chimico così problematico in tempo di guerra.

In un primo momento i cadaveri venivano seppelliti in enormi fosse trasportati dalle camere a gas con vagoni su binario a scartamento ridotto. Successivamente il 13 aprile 1943 vennero scoperte le Fosse di Katyń, con i cadaveri di 22.000 polacchi tra cui 8000 ufficiali trucidati dai Russi nel 1939 e continuamente i giornali tedeschi e Radio Berlino parlavano dell’eccidio di massa al mondo intero con grande enfasi anticomunista. Himmler, probabilmente intimorito da quegli articoli su di una eventuale scoperta delle fosse di Treblinka, venne personalmente al lager e comandò di riaprire tutti gli scavi e incenerire i cadaveri che vi erano sepolti per cercare di distruggere tutte le prove del crimine e disponendo che da quel momento i cadaveri provenienti dalle camere a gas, venissero cremati. Furono inviati sul posto specialisti SS dello sterminio a curarne l’impresa;

COMANDANTI DEL CAMPO

SS-Obersturmführer Dr. Irmfried Eberl

SS-Hauptsturmführer Franz Stangl

SS-Obersturmführer Kurt Franz