Francisco Franco

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Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo Franco y Bahamonde, solitamente abbreviato in Francisco Franco e conosciuto anche come il Generalísimo de los Ejércitos o il Caudillo de España oppure in riferimento al grado militare Generale Franco (Ferrol, 4 dicembre 1892 – Madrid, 20 novembre 1975), è stato un generale e politico spagnolo. Fu l’instauratore, in Spagna, di un regime dittatoriale noto come franchismo, parzialmente ispirato al fascismo, grazie al quale governò la Spagna in un periodo compreso dalla vittoria nella guerra civile spagnola del 1939 fino alla sua morte nel 1975.
Durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera (1923-1930), Franco fu promosso al grado di generale all’età di 33 anni, il più giovane in Europa. D’ispirazione conservatrice e monarchica, si oppose strenuamente all’abolizione della monarchia e alla proclamazione della Seconda Repubblica Spagnola nel 1931. Nel 1936, in seguito alle elezioni generali, in cui il Fronte Nazionale Controrivoluzionario perse con un ristretto margine di voti, salì al potere il Fronte Popolare, una coalizione di partiti di sinistra. Intenzionato a rovesciare l’ordine repubblicano, Franco mise in atto con altri generali un colpo di Stato nel luglio seguente, che portò alla sanguinosa guerra civile spagnola.
Franco prese rapidamente il comando delle truppe nazionaliste e ottenne l’appoggio della Germania nazista e dell’Italia fascista, mentre la fazione repubblicana fu sostenuta da Unione Sovietica, Messico e dai volontari delle Brigate Internazionali. Nel 1939 la guerra terminò con la vittoria dei nazionalisti e Franco instaurò una dittatura militare, proclamandosi Capo di Stato con il titolo di Caudillo. La Falange, fondata dallo stesso Franco nel 1937, divenne l’unico partito autorizzato, con la messa al bando di tutti gli altri movimenti politici. La dittatura franchista fu caratterizzata da una brutale repressione degli oppositori politici, con 400.000 vittime stimate e l’uso sistematico di lavori forzati, esecuzioni e campi di concentramento.
In politica estera promosse la neutralità della Spagna nella Seconda guerra mondiale, pur supportando indirettamente le forze dell’Asse; permise, infatti, a navi e sottomarini tedeschi e italiani di attraccare nei porti spagnoli e permise all’Abwehr di operare in territorio iberico e inviò la Divisione Azul a combattere sul fronte orientale contro l’Unione Sovietica. Dopo la guerra, la Spagna franchista si isolò per oltre un decennio, salvo poi aprirsi diplomaticamente nella seconda metà degli anni cinquanta.
Durante la Guerra Fredda, Franco fu uno dei più strenui oppositori del comunismo, ricevendo il supporto dai Paesi aderenti alla NATO, pur senza entrare a farne parte. Tuttavia non mancò di marcare le sue divergenze di pensiero rispetto al blocco americano e occidentale. In tal senso è degna di nota e da ricordare la Missiva di Francisco Franco al presidente Johnson, nella quale, in risposta alle richieste di aiuto militare spagnolo nel conflitto in Vietnam, Franco fa una attenta analisi politica e militare e profetizza a Johnson gli sviluppi fallimentari del conflitto e il ruolo di Ho Chi Minh come uomo del momento di cui il Vietnam ha bisogno.
Il 22 luglio 1969 nominò come proprio successore alla guida del Paese Juan Carlos I di Borbone, che riportò l’ordine democratico nella cornice di una monarchia parlamentare, processo che ebbe il suo momento fondamentale nel referendum del 1978, per l’approvazione della nuova Costituzione democratica.
Franco nacque il 4 dicembre 1892 al numero 108 del Calle Frutos Saavedra a Ferrol, porto strategico nell’estremo nord-ovest della Spagna, ubicato in un caratteristico ría galiziano, e al tempo una cittadina di circa ventimila abitanti, la cui vita economica ruotava intorno alla base navale, creata nel 1726. Tredici giorni dopo venne battezzato con il nome Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo: Francisco come il nonno paterno, Paulino come il padrino, Hermenegildo come la nonna paterna.
Il padre, Nicolás Franco y Salgado-Araújo, di origine andalusa, era un ufficiale dell’amministrazione navale dislocato in Galizia e proveniva da una famiglia di ufficiali navali della marina spagnola da sei generazioni.
La madre, María del Pilar Teresa Dolores Bahamonde y Pardo de Andrade, era la figlia molto religiosa e conservatrice di un commissario per le forniture navali. La coppia si era sposata nel 1890 ed ebbe cinque figli: Nicolás, Francisco, Pilar, María de la Paz (che morì nel 1903, a cinque anni) e Ramón.
Mentre i due estroversi fratelli, Nicolás (il primogenito e preferito) e Ramón, finirono per assomigliare caratterialmente al padre, malgrado provassero rancore nei suoi confronti, Francisco sin da bambino esibì un carattere introverso e riservato. Incapace di guadagnarsi l’affetto del padre, uomo molto severo con i figli e spesso assente, legò moltissimo con la madre, dalla quale ereditò la fervente religiosità.
La madre, peraltro, fu una figura centrale per tutti i figli e trasmise loro la volontà di farsi strada nella vita e di elevarsi al di sopra delle origini piccolo-borghesi, testimoniata dal successo personale che raggiunsero in modo indipendente sia Nicolás, come ingegnere navale e poi collaboratore di Francisco, sia Ramón, come aviatore e avventuriero.
Il fatto che Francisco non fosse certo il preferito del padre lo testimonia il fatto che in epoca successiva, sia nel 1926, quando Franco era ormai un personaggio pubblico e il generale più giovane di Spagna, sia quando più tardi divenne capo di Stato, ogni volta che al padre di Francisco facevano domande sul “figlio”, questi intendeva in prima battuta Nicolás, o al massimo Ramón.
Franco, desideroso di continuare la tradizione familiare di ufficiali di marina, era in procinto di prepararsi per entrare nell’accademia navale; tuttavia, la guerra ispano-americana causò gravissime perdite alla flotta navale, e, non necessitando più di nuovi ufficiali, l’accademia chiuse dal 1906 al 1913. Il 29 agosto 1907, contro il parere del padre, Franco entrò nell’accademia militare di Toledo.
Poco dopo il padre assunse un incarico a Madrid e abbandonò definitivamente la famiglia. Senza divorziare mai dalla moglie, con una cerimonia laica si unì anni dopo ad Agustina Aldana, con la quale convisse fino alla morte nel 1942.
Non fu per lui un periodo facile: separato dalla figura materna di riferimento e dall’ambiente in cui era cresciuto, dovette subire le occasionali angherie e il nonnismo dei compagni, a causa dell’aspetto mingherlino e dell’atteggiamento riservato. Franco reagì impegnandosi nello studio di materie quali topografia e storia militare e manifestando la volontà di aderire ai principi che l’accademia si proponeva d’instillare nei cadetti: obbedienza, eroismo, coraggio e senso del dovere. Molti decenni più tardi definì egli stesso quegli anni un “duro calvario”.
Nel luglio 1910 gli fu conferito il grado di sottotenente. Nel 1912 si diplomò ufficiale con il grado di tenente e due anni dopo partì alla volta del Marocco, dove dal 1909 infuriava una guerra con i nativi. In diversi scontri si comportò con valore e le descrizioni delle sue imprese sui giornali spagnoli incominciarono a dargli una certa fama in patria. Nel 1914, a soli 21 anni, fu promosso capitano per merito. Divenne noto non solo per la risolutezza sul campo di battaglia, ma anche per le capacità organizzative.
Il 29 giugno 1916 subì l’unica ferita grave da lui riportata, all’addome, in un combattimento a El Biutz. Secondo un articolo, comparso su El Mundo, a firma dello scrittore José María Zavala, tale ferita gli causò la perdita di un testicolo e conseguente infertilità. La fonte della notizia citata da Zavala sarebbe l’urologa Ana Puigvert, nipote dell’urologo personale di Franco, Antonio Puigvert, la quale ha riportato una confidenza del nonno.
L’anno successivo fu promosso maggiore con effetto retroattivo al giorno del ferimento. Non essendoci posti vacanti per tale grado, venne inviato a Oviedo. Qui incontrò, a una sagra paesana, la quindicenne Maria del Carmen Polo y Martinez Valdés. Franco rimase molto colpito dalla ragazza e incominciò un assiduo, seppur timido, corteggiamento a distanza, incontrando una certa opposizione dalla famiglia della ragazza, facente parte dell’aristocrazia provinciale. Nel 1920 entrò nei ranghi della neoformata Legione straniera spagnola, di cui fu uno degli ufficiali fondatori, e si distinse per durezza e ferrea disciplina. Tornato in Spagna per un breve soggiorno, sposò Carmen a Oviedo, nella chiesa di San Juan el Real, il 23 ottobre 1923.
Franco ripartì quindi alla volta del Nordafrica, dove proseguì la sua carriera militare sino a divenire colonnello nel 1925 e generale di brigata l’anno seguente (a 33 anni fu il più giovane generale d’Europa). Nel 1926 la moglie partorì l’unica figlia, Carmen Franco. Tornato nuovamente in Spagna durante la dittatura del generale Miguel Primo de Rivera, con cui ebbe dei contrasti sulle questioni africane, nel 1928 fu nominato direttore generale dell’Accademia militare di Saragozza, ruolo dal quale fu rimosso nel giugno 1931 a causa della chiusura dell’accademia da parte del primo ministro Manuel Azaña.
Il 14 aprile 1931 venne proclamata la seconda repubblica; i primi contrasti con il nuovo governo si ebbero quando venne chiusa l’accademia dove Franco era direttore generale: Azaña considerò un affronto il discorso di congedo di Franco ai suoi cadetti, nel quale egli espresse la necessità di maggiore disciplina e rispetto da parte delle autorità. In seguito, Franco visse sotto sorveglianza per sei mesi e scrisse per il giornale monarchico Acción Española, per il quale pubblicò alcuni articoli in cui sostenne che fosse in atto una cospirazione di ebrei, bolscevichi e massoni per estirpare il cristianesimo, con la Spagna come obiettivo primario.
Il 5 febbraio 1932 gli venne affidato il comando della base militare di La Coruña. Evitò di farsi coinvolgere nel colpo di Stato organizzato da José Sanjurjo, esprimendo il proprio dissenso in alcune lettere inviate allo stesso generale.
Nel 1933, in seguito alla riforma militare, Franco venne declassato dal primo al ventiquattresimo posto nella graduatoria dei brigadieri; il 17 febbraio dello stesso anno gli fu affidato il comando militare delle Baleari; in questo periodo l’avversione di Franco verso il governo centrale si acuì sensibilmente, essendo stato inviato in una guarnigione a lui poco congeniale.
Nell’ottobre 1933 le elezioni videro la vittoria del fronte di centro-destra. Il 5 ottobre 1934 ebbe inizio una rivolta promossa dai movimenti comunisti e anarchici. La rivolta venne repressa nella maggior parte del Paese tranne che nelle Asturie, dove l’insurrezione era sostenuta soprattutto dai sindacati dei minatori. Franco venne così inviato a reprimere la rivolta, al comando della legione spagnola richiamata appositamente dal Marocco, insieme con l’esercito regolare guidato del generale Eduardo López Ochoa. Dopo due settimane di combattimenti e circa 1300 vittime, la ribellione venne sedata.
L’insurrezione alimentò ulteriormente la tensione tra Destra e Sinistra in terra iberica: Franco e Ochoa (che, prima della rivolta, era considerato un ufficiale simpatizzante di sinistra) emersero come personalità pronte a usare le truppe contro gli insorti come se questi ultimi fossero un esercito invasore. Franco descrisse la ribellione come una «guerra di frontiera contro socialismo, comunismo e qualsiasi cosa attacchi la civiltà per rimpiazzarla con la barbarie.»
Il 15 febbraio 1935 Franco venne nominato comandante in capo della legione spagnola di stanza in Africa e, dal 19 maggio, fu comandante di tutte forze armate.
Nell’ottobre 1935 scoppiò lo scandalo Straperlo, riguardante delle roulette truccate, che coinvolse il ministro degli Interni, Rafael Salazar Alonso. Lo scandalo ebbe un’ampia risonanza mediatica e portò alla caduta del governo di centro-destra, con nuove elezioni indette per il febbraio successivo. Le elezioni generali videro il ritorno al potere del Fronte Popolare, con un margine molto ristretto di preferenze. Le contestazioni post-elettorali furono durissime, con la coalizione sconfitta che accusava quella vincente di voler instaurare una dittatura di stampo marxista; per risposta, il governo accusò gli oppositori di voler rovesciare illegalmente l’ordine repubblicano.
In questo contesto di crescenti tensioni, Franco venne trasferito, il 23 febbraio, alle isole Canarie, da cui inviò al presidente del consiglio Santiago Casares Quiroga una lettera in cui contestava il trattamento tenuto nei confronti degli ufficiali dell’esercito considerati vicini alla destra, che erano stati sostituiti con altri di tendenza repubblicana. La missiva non ottenne risposta da Quiroga, che la ignorò. Secondo quanto poi detto dallo stesso Franco, l’obiettivo della lettera era quello di favorire un accordo tra ufficiali e governo, in modo da scongiurare la proclamazione di un’insurrezione. Franco, che fino a quel momento non voleva schierarsi apertamente contro il governo, decise quindi di allearsi con i futuri insorti.
Proprio in quel periodo incominciò infatti a prendere forma, su idea di Emilio Mola, il progetto di un colpo di stato. Il 17 giugno Franco incontrò alcuni militari golpisti presso la foresta di La Esperanza, a Tenerife, per preparare l’eventuale insurrezione. Per commemorare quest’avvenimento è stato in seguito costruito un obelisco in una radura in località Las Raíces, successivamente vandalizzato dopo la caduta di Franco, e, nel 2008, rimosso definitivamente.
Tuttavia, egli mantenne fino all’ultimo un atteggiamento ambiguo; gli insorti decisero di dare inizio al golpe anche senza l’appoggio di Franco, ponendo José Sanjurjo a capo delle operazioni e fissando il 18 luglio come data dell’inizio della sollevazione. Costretto a scegliere uno schieramento e pressato da Mola, Franco decise di schierarsi con i golpisti e gli venne dato il comando delle truppe di stanza in Marocco.
L’assassinio di José Calvo Sotelo, il 13 luglio, per opera da un commando degli Asaltos governativi, probabilmente come rappresaglia all’omicidio del poliziotto José del Castillo Sáez de Tejada per opera di quattro militanti di estrema destra, fece precipitare la situazione. I militari di stanza in Africa si ribellarono il 17 luglio, un giorno prima del previsto, e fecero prigionieri i comandanti filo-repubblicani. Il 18 luglio Franco emanò da Las Palmas de Gran Canaria un proclama e il giorno dopo si recò in Africa a bordo di un de Havilland DH.89 Dragon Rapide privato, pilotato dagli inglesi Cecil Bebb e Hugh Pollard, per prendere il comando delle truppe.
Gli insorti, che si facevano chiamare “nazionalisti”, in una sola settimana conquistarono un terzo del territorio spagnolo; tuttavia, la flotta navale era ancora controllata dalle forze repubblicane, lasciando Franco isolato e impossibilitato a sbarcare sul suolo nazionale. Il golpe fallì, non riuscendo i nazionalisti a prendere celermente il potere, ma ebbe inizio la guerra civile spagnola.

La guerra civile incominciò nel luglio 1936 e terminò nell’aprile 1939 con la vittoria dei nazionalisti; il computo delle vittime stimate oscilla tra 190.000 e 500.000.
Nonostante ci fosse un accordo di non intervento tra le forze straniere, firmato nell’agosto 1936, numerose nazioni appoggiarono i due schieramenti: da Italia e Germania partirono il Corpo Truppe Volontarie e la Legione Condor che combatterono al fianco dei nazionalisti; i repubblicani furono invece supportati dall’Unione Sovietica, dal Messico e dalle Brigate Internazionali. Francia e Gran Bretagna non presero ufficialmente posizione, benché il governo francese, guidato da Léon Blum, spingesse per un intervento diretto contro i nazionalisti, trovando però la ferma opposizione dell’alleato britannico. Da parte francese arrivò comunque un supporto clandestino, organizzato da Pierre Cot e Jules Moch.

Franco, allo scoppio della guerra civile, era a capo dei 30.000 militari di stanza in Marocco. Egli capì che era necessario ottenere il controllo dell’intero protettorato: riuscì quindi a stringere un’alleanza con gli autoctoni e si assicurò la fedeltà totale delle truppe. Il generale ordinò l’esecuzione di 200 ufficiali che si erano rifiutati di prendere parte al golpe; uno di essi, Ricardo de la Puente Bahamonde, era cugino di primo grado dello stesso Franco.
Il problema principale divenne a questo punto la modalità di sbarco in Spagna, dato che l’intera flotta era ancora in mano ai repubblicani. Franco si rivolse a Benito Mussolini, che offrì un esiguo numero di armi e aerei. Furono quindi stabiliti contatti con Wilhelm Canaris, capo dell’Abwehr, che persuase Adolf Hitler a supportare gli insorti. Dalla Germania arrivarono 22 Junkers Ju 52, e il 20 luglio incominciò il ponte aereo verso Siviglia, che venne rapidamente conquistata dai militari. Franco chiese ulteriore supporto alla Gran Bretagna, che rifiutò fermamente, e a Germania e Italia, che invece inviarono altri velivoli verso Tétouan a partire dal 2 agosto. Grazie al supporto aereo, Franco riuscì ad aggirare il blocco navale nello stretto di Gibilterra.
Nel corso del mese di agosto Franco riuscì a prendere stabilmente il controllo dell’Andalusia e organizzò una milizia di 15.000 soldati che, sotto il comando di Juan Yagüe, marciò verso l’Estremadura con l’obiettivo di conquistare Madrid. Il 10 agosto Mérida fu conquistata e il 15 agosto cadde anche Badajoz, con un bagno di sangue di civili. Le file dei golpisti furono ingrossate da 12.000 militari italiani del Corpo Truppe Volontarie e da uno squadrone di 24 aerei della Luftwaffe.
Il 21 settembre, quando la colonna nazionalista era giunta a Maqueda, a 80 km da Madrid, Franco ordinò di virare verso Toledo per liberare una guarnigione che si era asserragliata nell’Alcázar e che si trovava sotto assedio. Questa decisione fece prendere tempo ai repubblicani, che ebbero il tempo di rinforzare le difese della capitale e di mantenerne il controllo per il resto dell’anno, ma allo stesso tempo la vittoriosa resistenza della guarnigione dell’Alcazár fu un importante successo propagandistico e di morale per i nazionalisti.
Il 20 luglio 1936 José Sanjurjo, capo fino a quel momento dei nazionalisti, morì in un incidente aereo. Il potere venne inizialmente diviso tra quattro generali: Emilio Mola, che controllava le milizie del nord, Gonzalo Queipo de Llano, che controllava le truppe in Andalusia, lo stesso Franco e Miguel Cabanellas Ferrer, a capo delle truppe in Aragona. L’armata giunta dal Marocco era invece divisa in due colonne, una guidata da Yagüe e una da José Enrique Varela. Il 24 luglio s’insediò a Burgos la giunta di difesa nazionale, composta da Caballenas, che ne era il presidente, da Mola, da tre altri generali e da due colonnelli; Franco si aggiunse in agosto e il 29 settembre venne nominato Generalísimo de los ejércitos de Tierra, Mar y Aire e capo di Stato, con il solo Caballenas contrario alla nomina. Successivamente, in seguito a un accordo con Mola e Queipo de Llano, Fidel Dávila Arrondo, fedelissimo di Franco, venne nominato capo della giunta.
La presa indisturbata del potere di Franco fu dovuta a diversi fattori non trascurabili: la decisione di Hitler, negli ultimi giorni di luglio, di continuare a supportare i nazionalisti solo a condizione che Franco fosse investito dei pieni poteri, e le spinose situazioni degli altri capi golpisti: Mola, monarchico filo-carlista, era inviso alla Germania ed era considerato un moderato; Queipo de Llano e Cabanellas si erano precedentemente ribellati durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera ed erano malvisti presso le truppe nazionaliste; José Antonio Primo de Rivera, figlio del defunto dittatore e leader della Falange, formazione di estrema destra, si trovava in carcere ad Alicante e venne giustiziato il 20 novembre successivo.
Altri fattori rilevanti furono il suo apparente iniziale disinteresse per le cariche politiche e la sua capacità di stringere alleanze con Germania e Italia. Mola morì misteriosamente in un incidente aereo il 2 giugno 1937: con la sua morte, nessuno dei generali che avevano inizialmente ideato il golpe era rimasto ancora in vita.
Franco guidò in prima persona quasi tutte le azioni di guerra a cui prese parte fino alla fine del conflitto. Dopo aver fallito un primo assalto alla capitale, nel novembre 1936, Franco optò per una strategia bellica di attacchi sporadici e di bassa intensità piuttosto che di massicce e imponenti battaglie. L’efficacia di questa strategia è stata in seguito dibattuta dagli storici, insieme con altre decisioni discutibili, come il precedentemente citato soccorso alle truppe dell’Alcazár e la scelta, nel giugno 1938, di dirigersi in armi verso la Comunità Valenciana, che fu la regione che per ultima si arrese, invece che verso la Catalogna.
Nonostante Franco fosse supportato da Germania e Italia, nessuna delle due potenze ebbe un’influenza sulla scelta della strategia militare da adottare. Le truppe italiane, seppur non sempre vittoriose (vedasi la battaglia di Guadalajara), parteciparono a quasi tutte le battaglie e giocarono un ruolo fondamentale nella vittoria della guerra da parte dei nazionalisti, così come la Luftwaffe riuscì a dare un decisivo supporto aereo. Anche Salazar, dittatore del Portogallo, inviò numerosi soldati portoghesi in Spagna: almeno 20.000 combatterono a fianco dei franchisti.
Nonostante Franco fosse formalmente il comandante supremo dei militari inviati in Spagna dai Paesi con lui alleati, raramente egli li diresse in prima persona sul campo di battaglia, e raramente essi assunsero iniziative individuali in contrasto con gli ordini impartiti. I soldati italiani e tedeschi combatterono a fianco dei nazionalisti fino alla fine del conflitto, e, a guerra terminata, sfilarono in parata a Madrid.
Il regime franchista fu supportato da falangisti e carlisti, che, ideologicamente incompatibili, furono fusi insieme da Franco nella Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista, erede della falange fondata da Primo de Rivera, che nel 1939 diventò l’unico partito politico autorizzato. I falangisti nel 1934 pubblicarono un programma ufficiale, denominato “I ventisette punti”; nel 1937 Franco adottò ventisei punti degli originali ventisette per stilare il programma della neonata Falange. Il 19 aprile 1937 Franco si autoproclamò jefe nacional (“capo nazionale”) del partito e cinque giorni dopo il saluto falangista a mano alzata fu adottato come saluto ufficiale del regime. Nel 1939, l’inno falangista Cara al sol divenne l’inno ufficiale delle truppe nazionaliste.
La Falange accoglieva al suo interno sia militanti filo-nazisti (gli ex-falangisti di Primo de Rivera) sia anti-nazisti (i carlisti); il cognato di Franco, Ramón Serrano Súñer, che era anche il suo consigliere personale, riuscì a fomentare la tensione tra le due correnti, facendo emergere Franco come arbitro super partes in grado di dare ordine al movimento. Il generale espulse dal partito i principali esponenti delle due fazioni, il carlista Manuel Fal Conde e il falangista Manuel Hedilla, per assicurarsene il controllo totale.
Franco raccolse ampio consenso presso i carlisti grazie ai suoi continui attacchi all’anticlericalismo dei repubblicani, celebrando in particolare i martiri uccisi durante la guerra civile. Se i repubblicani definirono la guerra come la difesa delle istituzioni dal fascismo, Franco si presentò invece come il difensore della Spagna cattolica dal pericolo del comunismo ateo.
Nei primi mesi del 1939 solo Madrid, Valencia e poche aree della Spagna non erano ancora controllate dai franchisti. Il 27 febbraio Gran Bretagna e Francia riconobbero la legittimità del regime. Il 28 marzo, con l’aiuto delle forze franchiste presenti all’interno della città (la famosa quinta colonna che il generale Mola aveva menzionato in una trasmissione radiofonica nel 1936), Madrid cadde nelle mani dei nazionalisti. Il giorno dopo si arrese anche Valencia, che era stata assediata per quasi due anni, e il 1º aprile, con la resa delle ultime forze repubblicane, la guerra terminò con la vittoria dei franchisti.
Secondo Paul Preston, almeno 150.000 civili furono giustiziati dai franchisti durante la guerra civile, con l’aggiunta di altri 20.000 oppositori politici subito dopo la fine del conflitto. Stanley George Payne sostiene che i civili giustiziati siano stati almeno 70.000, seguiti da almeno 15.000 esecuzioni sommarie post-belliche. Molti oppositori furono imprigionati o inviati ai lavori forzati, oppure impiegati nella costruzione di strade, canali (come ad esempio La Corchuela, lungo il Basso Guadalquivir) e della Valle de los Caídos. Una delle condanne a morte più eclatanti fu quella comminata nell’ottobre 1940 a Lluís Companys i Jover, presidente della Generalitat della Catalogna, fuggito in Francia e ivi arrestato dalla Gestapo su indicazione delle autorità spagnole.
Nonostante la guerra civile fosse formalmente terminata, la resistenza al regime di Franco (conosciuta come maquis) continuò a diffondersi nelle regioni di montagna, dove gli oppositori perseverarono nelle loro azioni di guerriglia almeno fino agli anni cinquanta. Nel 1944, un gruppo di veterani repubblicani, che già avevano combattuto contro i nazisti tra le file della resistenza francese, invase la Val d’Aran, in Catalogna, venendo tuttavia sconfitto dalle truppe governative.
La fine della guerra portò a decine di migliaia di esili di oppositori politici e militanti repubblicani o di sinistra, soprattutto verso Francia, America Latina e Stati Uniti. Gli esiliati che si trasferirono in Francia furono trattenuti in vari campi di internamento, principalmente a Gurs e Le Vernet. A Gurs furono internati 17.000 rifugiati, divisi in quattro categorie: brigatisti, piloti, gudaris e civili; molti tra i gudaris (membri dell’esercito indipendentista basco) e i piloti trovarono facilmente contatti e lavoro in territorio francese e riuscirono a lasciare il campo; coloro che non ebbero questa possibilità, soprattutto i civili, furono incoraggiati dal governo francese a ritornare in Spagna e affrontare le autorità governative. La maggior parte degli internati decise di accogliere la proposta e tornò in patria, consegnandosi ai franchisti presso Irún, da dove furono poi trasferiti al campo di Miranda de Ebro, per essere sottoposti a un processo di “purificazione” e “rieducazione”.
Dopo la proclamazione, da parte del Maresciallo Philippe Pétain, della repubblica di Vichy, i rifugiati spagnoli divennero dei prigionieri politici e furono perseguitati dal nuovo regime, che acconsentì alla deportazione di migliaia di essi verso i campi di concentramento nazisti; a Mauthausen morirono circa 5.000 prigionieri spagnoli. Il poeta Pablo Neruda, che era stato nominato consulente speciale per l’immigrazione dal presidente cileno Pedro Aguirre Cerda, aiutò, nell’agosto 1939, circa 2.000 rifugiati spagnoli a fuggire, a bordo della nave cargo SS Winnipeg, dal porto francese di Pauillac a quello di Valparaíso, in Cile.
Il 1º settembre 1939 ebbe inizio la seconda guerra mondiale. Il 23 ottobre 1940 Franco e Hitler si incontrarono presso Hendaye per discutere la possibilità dell’entrata in guerra della Spagna a fianco delle forze dell’Asse. Le richieste di Franco, che includevano rifornimenti di cibo e materie prime e i territori di Gibilterra e dell’Africa Francese del Nord, furono giudicate eccessive da Hitler, che non voleva minare i rapporti con la repubblica di Vichy. A Hitler venne attribuita da Joseph Goebbles la frase “preferisco farmi strappare via i denti piuttosto che trattare ancora con Franco”, riguardo ai fallimentari negoziati con il dittatore spagnolo.
Franco aveva precedentemente ricevuto un ingente supporto di uomini e armi da Hitler e Mussolini durante la guerra civile, e aveva firmato il patto anticomintern. Nei documenti e negli atti ufficiali, egli descrisse sempre la Spagna come alleata delle potenze dell’Asse, offrendo comunque un limitato supporto militare: inviò infatti in Unione Sovietica la Division Azul, formata da volontari, ma proibì agli spagnoli di unirsi ai combattimenti sugli altri fronti. Franco, da fervente cattolico, criticò in particolare a Hitler l’eccessivo peso dato al misticismo nazista e ai suoi tentativi di manipolare il cristianesimo. Inoltre, i rapporti tra Spagna e Germania erano già freddi da tempo a causa di alcune concessioni minerarie che i tedeschi affermavano di avere in territorio iberico.
Secondo la maggior parte degli storici, Franco fece deliberatamente delle richieste che Hitler non avrebbe mai accettato, per non essere coinvolto in un’altra guerra sanguinosa. Secondo altri, Franco considerò la possibilità ma, constatato che le truppe avevano subito perdite troppo ingenti durante la guerra civile, decise di non entrare in guerra. Dopo la campagna di Francia, Franco assunse un atteggiamento filo-tedesco, permettendo l’ancoraggio delle navi italiane e tedesche nei porti spagnoli, per poi tornare su posizioni più neutrali nel 1943, quando la vittoria dell’Asse non sembrò più così scontata e dopo la resa dell’Italia agli Alleati.
Nell’inverno 1940, Franco propose la creazione di un “Blocco Latino”, formato da Spagna, Portogallo, Italia, Francia e Città del Vaticano; il progetto rimase solo un’ipotesi e non fu mai messo in atto. Franco decise, seppur con cautela, di entrare in guerra nel giugno precedente, e, per preparare gli spagnoli al conflitto, diffuse un’ampia propaganda anti-britannica e anti-francese, rivendicando i territori del Nord Africa, Gibilterra e il Camerun. Il 19 giugno 1940 Franco inviò una lettera a Hitler, mostrandosi pronto a entrare in guerra, ma la richiesta di annessione del Camerun fu nettamente bocciata dal Führer, che voleva utilizzare la colonia africana per il Piano Z.
Franco progettò l’invasione di Gibilterra per isolare il Mar Mediterraneo, ma, resosi conto che la colonia britannica era ben fortificata e che una sua invasione avrebbe certamente portato alla dichiarazione di guerra alla Spagna da parte della Gran Bretagna, abbandonò l’idea. In particolare, egli era sicuro che le città spagnole non avrebbero resistito a lungo agli attacchi aerei della Royal Air Force, e che la Royal Navy avrebbe isolato i porti spagnoli: la Spagna intratteneva infatti rapporti economici con gli Stati Uniti, e un’eventuale guerra contro i britannici avrebbe certamente interrotto le fondamentali importazioni di materie prime dal Nord America.
Franco e Serrano Suñer incontrarono Mussolini e Galeazzo Ciano il 12 febbraio 1941 a Bordighera; Mussolini non si mostrò interessato alle offerte di Franco, a causa delle sconfitte che l’esercito italiano stava subendo in Nordafrica e nei Balcani, e confidò al caudillo che stava meditando di lasciare la guerra. Quando ebbe inizio l’operazione Barbarossa, il 22 giugno 1941, Serrano Suñer propose la formazione di un corpo volontario, la precedentemente citata Division Azul, che si unisse alle truppe tedesche. Le truppe spagnole combatterono sul fronte orientale per tre anni, fino al 1944.
Hitler aveva bisogno di una nazione neutrale da cui importare materie prime a loro volta importate dalle Americhe, quindi non spinse mai per l’entrata in guerra della Spagna. Inoltre, il dittatore tedesco fu del parere che la Spagna sarebbe stata un peso, poiché da sola non sarebbe stata in grado di sostenere un conflitto di tale portata. Nel 1941 le truppe francesi riportarono diverse vittorie in Nord Africa, riducendo la necessità di supporto da parte degli spagnoli, e Hitler fu molto cauto nell’aprire un nuovo fronte in Europa occidentale poiché stava già sostenendo, con difficoltà, le truppe italiane in Grecia e Jugoslavia.
Il 14 giugno 1940, le truppe spagnole occuparono Tangeri, che era sotto la protezione della Società delle Nazioni, salvo poi ritirarsi dalla città alla fine del conflitto nella primavera del 1945. Franco firmò un nuovo patto anti-comintern, opportunamente aggiornato, il 25 novembre 1941. Nel 1942, su richiesta del dittatore tedesco, Franco decise di cambiare il fuso orario della Spagna, adeguandolo a quello della confinante Francia: da allora, gli iberici vanno un’ora avanti del tempo solare in inverno e due d’estate per l’ora legale.
Franco fu inizialmente criticato dal presidente cubano Fulgencio Batista, che, nel gennaio 1943, suggerì una dichiarazione di guerra, congiunta agli Stati Uniti, ai danni della Spagna per rovesciare il regime franchista.
Nel dopoguerra, il governo spagnolo cercò di occultare tutte le prove di collaborazionismo con le potenze sconfitte: nel 2010 furono infatti ritrovati dei documenti che attestavano che il 13 maggio 1941 Franco ordinò ai governatori delle province di redigere una lista degli ebrei residenti nelle rispettive entità amministrative; la lista, che comprendeva circa 6000 nomi, fu fornita da Franco a Heinrich Himmler, architetto della soluzione finale. Tuttavia, l’interruzione delle trattative per l’ingresso in guerra portò a un nulla di fatto, e la Spagna divenne un rifugio per molti ebrei in fuga dai Paesi dove erano in atto le persecuzioni razziali. Franco non si allineò agli altri fascismi nelle leggi antisemite e non perseguitò gli ebrei sul territorio iberico, e i soldati di origine ebraica prestarono regolarmente servizio nell’esercito spagnolo. Inoltre, i diplomatici spagnoli in Ungheria, Cecoslovacchia e nei Balcani offrirono protezione a numerosi ebrei perseguitati.
Nell’ottobre 1936 Franco venne proclamato Generalísimo dei nazionalisti e Jefe del Estado (capo di Stato); a lui ci si riferiva come Su Excelencia el Jefe de Estado (Sua Eccellenza il Capo di Stato), Caudillo de España (Caudillo di Spagna), e talvolta Caudillo de la Guerra de Liberación contra el Comunismo y sus Cómplices (Caudillo della guerra di liberazione contro il comunismo e i suoi alleati).
Il 27 luglio 1947 Franco proclamò la Spagna un regno, senza però designare il sovrano regnante. Questo gesto fu dovuto principalmente alla necessità di ammansire i monarchici in seno alla Falange, che temevano la deriva autoritaria del caudillo. Franco lasciò il trono vacante fino al 1969, quando proclamò ufficialmente Juan Carlos I di Spagna come legittimo regnante, autonominandosi reggente del trono a vita. Durante la sua dittatura, Franco governò come se fosse egli stesso il monarca, indossando l’uniforme di capitano generale (che tradizionalmente è indossata dal re) e vivendo nel Palazzo Reale di El Pardo. Il suo ritratto apparve su monete e francobolli, e fece aggiungere ai suoi titoli l’espressione per grazia di Dio, tipicamente associata ai sovrani.
Franco mise ai margini del suo governo gli ideologi fascisti più radicali, in favore di tecnocrati, molti dei quali membri dell’Opus Dei, che promossero la modernizzazione economica della Spagna. Nel 1956 fondò la RTVE, lanciando così nel paese iberico la televisione, che dopo pochi anni sarà finanziata direttamente dallo Stato.
Nonostante il governo di Franco sia assimilabile al fascismo, questa ideologia politica non corrisponde esattamente all’orientamento politico dei franchisti: il fascismo sostiene la necessità di una rivoluzione per trasformare la società, quando invece Franco provò esattamente il contrario, cioè instaurare un governo tradizionalista e conservatore. I punti comuni con il fascismo sono l’autoritarismo, il nazionalismo e l’anticomunismo.
Alla fine della guerra, la Spagna patì le conseguenze dell’isolamento dalla comunità internazionale e venne esclusa dal Piano Marshall, al contrario di altre nazioni che durante il conflitto si erano dichiarate neutrali. La situazione cambiò quando, durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti riallacciarono rapporti militari ed economici con Franco. L’alleanza fu suggellata dalla visita in Spagna del presidente americano Dwight Eisenhower nel 1953, che culminò con la firma del patto di Madrid. Nel 1955 la Spagna venne ammessa nelle Nazioni Unite e furono costruite basi militari statunitensi in territorio iberico.
Papa Pio XII, nel 1953, gli concesse l’Ordine supremo del Cristo, massima onorificenza vaticana, per il suo impegno nella lotta al comunismo.
Il primo decennio di dittatura fu caratterizzato da una dura repressione degli oppositori, con la condanna a morte della maggior parte di loro. Tuttavia, all’inizio degli anni cinquanta il governo di Franco divenne meno violento, anche se le organizzazioni sindacali non governative e i movimenti di sinistra, anarchici e separatisti (in particolare quelli baschi e catalani) furono duramente repressi, soprattutto con l’uso sistematico della violenza. La Confederación Nacional del Trabajo e l’Unione Generale dei Lavoratori furono soppresse e sostituite nel 1940 dal Sindicato Vertical, di stampo corporativista.
Nel 1939 furono banditi il Partito Socialista Operaio Spagnolo e la Sinistra Repubblicana di Catalogna, mentre il Partito Comunista di Spagna continuò la propria attività clandestinamente. Il Partito Nazionalista Basco si esiliò e, nel 1958, venne creato l’ETA, gruppo armato basco di tendenze marxiste e separatiste. Franco promosse una politica di omogeneità culturale, reprimendo duramente le minoranze. I criteri di omogeneità furono stabiliti dallo stesso Franco: il flamenco, ballo di origine andalusa, fu considerato parte di una tradizione nazionale più estesa, mentre altri balli tradizionali, come la sardana catalana, furono proibiti. Tuttavia, la repressione dei costumi delle minoranze si affievolì gradualmente, soprattutto negli anni sessanta e settanta.
Franco promosse inoltre l’omogeneità linguistica, proibendo l’uso di lingue regionali come catalano, galiziano e basco in favore del castigliano. Tutti i documenti ufficiali sarebbero dovuti essere redatti esclusivamente in quest’ultima lingua, e tutti gli atti scritti in idioma differente sarebbero stati considerati nulli. L’uso delle lingue locali fu proibito nei luoghi pubblici, nei segnali stradali e nelle insegne dei negozi. Anche questa politica fu tuttavia ritrattata nel corso degli anni, e negli anni sessanta l’uso delle lingue locali fu nuovamente autorizzato, benché esse non abbiano mai goduto di riconoscimento ufficiale.
Il cattolicesimo fu proclamato religione di Stato e la Chiesa cattolica godette di numerosi privilegi che le erano stati negati durante il periodo repubblicano. Uno dei requisiti per diventare funzionari pubblici divenne l’essere cattolici e la nomina in alcune posizioni di rilievo comportò la richiesta di un attestato di buona condotta rilasciato da un prete. Tutti i matrimoni civili proclamati durante il periodo repubblicano e non confermati dalla Chiesa cattolica furono annullati, furono aboliti il divorzio e l’aborto e venne vietato l’uso di metodi contraccettivi. Nel 1954 omosessualità e prostituzione divennero reati perseguibili penalmente.
Molte città rurali furono pattugliate da squadre della Guardia Civil, la polizia militare, che venne ampiamente utilizzata da Franco per mantenere l’ordine pubblico. Le città più popolose furono pattugliate dalla Policia Armada, equipaggiata più pesantemente, che represse duramente le rivolte degli studenti universitari negli anni sessanta e settanta. Altri gruppi che subirono l’oppressione franchista furono i mercheri, gruppo nomade di origine dello scrittore Eleuterio Sánchez Rodríguez, e i gitani.
Il franchismo promosse un’immagine della donna affine a quella cristiana e conservatrice: ella doveva essere una moglie amorevole e una devota figlia e sorella, fedele al marito e legata alla famiglia. La propaganda ufficiale limitò il ruolo della donna a quello di madre che si prende cura del focolare domestico, con lo slogan niños, hogar, iglesia, che ricordava lo slogan tedesco Kinder, Küche, Kirche, all’epoca spesso citato dal regime nazista di Hitler. Subito dopo l’inizio della dittatura, tutte le leggi di parità tra i sessi promulgate in epoca repubblicana furono abolite. Le donne non poterono assumere la carica di giudice o testimoniare nei processi. Non poterono assumere cattedre universitarie, avere conti bancari personali, e i loro averi sarebbero stati amministrati dal padre o dal marito. Tuttavia potevano assumere cariche politiche ed essere deputate alle Cortes Españolas, se elette nel partito unico franchista.
Durante la dittatura, la Spagna cercò di mantenere il controllo sul proprio impero coloniale. Durante la guerra d’Algeria, Madrid divenne la base principale dell’OAS, organizzazione francese di estrema destra che combatté contro l’indipendenza dell’Algeria. Franco fu costretto a fare alcune concessioni: quando il Marocco francese ottenne l’indipendenza, nel 1956, concesse la quasi totalità del Marocco spagnolo (escluse le Plazas de soberanía) al neocostituito Stato africano.
L’anno dopo, il re marocchino Muhammad V invase il Sahara spagnolo durante la guerra di Ifni. Solo nel 1975, dopo la Marcia verde, il Marocco prese il controllo della totalità dei possedimenti spagnoli nel Sahara. Nel 1968, su pressione della comunità internazionale, Franco concesse l’indipendenza alla Guinea Equatoriale e l’anno successivo cedette al Marocco l’exclave di Ifni.
La guerra civile fece collassare l’economia spagnola: le infrastrutture furono pesantemente danneggiate, molti lavoratori erano rimasti uccisi e il commercio si era arenato. Dopo la fine della guerra, per circa un decennio, l’economia si riprese molto lentamente: Franco inizialmente promosse la politica economica dell’autarchia, tagliando fuori la Spagna dai commerci internazionali. La politica ebbe effetti devastanti e l’economia continuò a stagnare, con una crescita esponenziale del mercato nero.
Sull’orlo della bancarotta, e su pressione della comunità internazionale, Franco si aprì al libero mercato. Nella seconda metà degli anni cinquanta si registrò un’accelerazione nella ripresa economica, che però si rivelò insufficiente a evitare una crisi economica che durò fino al 1959, quando le audaci riforme dei tecnocrati nominati al governo da Franco portarono a un boom economico, che terminò solo nel 1974. In questo periodo numerose aziende estere aprirono uffici e fabbriche in territorio spagnolo, dove gli stipendi e le tasse erano inferiori alla media europea. Compagnie di proprietà dello Stato, come la SEAT e la Pegaso, aumentarono la produzione di veicoli. Alla morte di Franco, nel 1975, la Spagna era ancora dietro alle principali potenze economiche europee, ma il reddito pro capite spagnolo si era notevolmente avvicinato a quello delle altre nazioni occidentali.

Franco con il Presidente del Governo Arias Navarro il 22 ottobre 1975, poche settimane prima di morire.
Negli ultimi anni di vita, Franco decise di nominare un monarca che prendesse il potere alla sua morte, ma le tensioni tra alfonsisti e carlisti gli resero difficoltosa la scelta. Per evitare una guerra di successione, propose la corona all’arciduca Ottone d’Asburgo-Lorena; così facendo egli pensava di poter eliminare la questione della successione borbonica, avendo gli Asburgo governato la Spagna durante la sua età di massimo splendore. L’arciduca tuttavia rifiutò, affermando che sarebbe stato malvisto in quanto “tedesco” a capo della Spagna, e di non voler rinnegare le sue origini austriache. Nel 1969 Franco nominò allora come erede al trono Juan Carlos I di Borbone, che aveva personalmente educato, con il titolo di principe di Spagna. Questa nomina sorprese i carlisti e il padre di Juan Carlos, Giovanni di Borbone-Spagna, che aveva teoricamente la precedenza nell’accesso al trono, ma era considerato troppo liberale dal caudillo. Provato dalla vecchiaia, il 9 giugno 1973 lasciò la carica di Presidente del Governo a Luis Carrero Blanco, che però fu ucciso in un attentato del gruppo terroristico indipendentista basco ETA il successivo 20 dicembre; al suo posto, Franco nominò Carlos Arias Navarro.
Il 19 giugno 1974, il già malato Franco trasferì a Juan Carlos le funzioni di Capo di Stato, a causa del peggioramento delle sue condizioni, salvo riprendere il potere il 2 settembre dopo essersi ristabilito. Un anno dopo ebbe di nuovo delle complicazioni e gli venne diagnosticata la malattia di Parkinson. L’ultima apparizione pubblica di Franco avvenne il 1º ottobre 1975 quando, pur se sofferente e debolissimo, fece un discorso alla folla dal balcone della facciata est del Palazzo Reale di Madrid.
Dalla metà del mese di ottobre il suo quadro clinico precipitò: il 15 subì un attacco di cuore, dal quale però si riprese a sufficienza per poter presiedere il suo ultimo Consiglio dei ministri, appena due giorni dopo e contro il parere dei suoi medici. Ulteriori crisi cardiache si succedettero il 22 e il 24 ottobre. Temendo che la sua morte avrebbe causato una crisi di governo (passibile di portare al potere esponenti “non allineati” col regime), il suo entourage decise di fare il possibile per far sopravvivere Franco almeno fino al 26 novembre, data nella quale avrebbe dovuto rinnovare il mandato di Alejandro Rodríguez de Valcárcel come presidente del Consiglio del Regno e delle Cortes, cariche ritenute strategiche per influenzare l’elezione del futuro Presidente del Governo.
Di fatto il dittatore, “ricoverato” in un ospedale di fortuna allestito presso il Palazzo del Pardo, fu oggetto di uno strenuo accanimento terapeutico, che ne rese l’agonia lunga e dolorosa. Il 25 ottobre il vescovo di Saragozza portò al suo capezzale il mantello della Virgen del Pilar e gli amministrò l’estrema unzione. All’inizio di novembre l’insorgere di un’ulcera peptica gli causò un’emorragia allo stomaco, a seguito della quale Franco fu trasferito alla residenza sanitaria La Paz di Madrid, ove i due terzi dell’organo gli vennero asportati chirurgicamente; qui venne altresì dializzato. Poco prima, il 30 ottobre, Juan Carlos aveva nuovamente rilevato le funzioni provvisorie di capo dello Stato.
Una seconda operazione chirurgica all’apparato digerente gli causò una peritonite acuta, con susseguente insufficienza multipla ad altri organi; una terza operazione gli fu praticata il 15 novembre con esiti parimenti disastrosi, sicché tre giorni più tardi il chirurgo Manuel Hidalgo Huerta si rifiutò di intervenire ulteriormente. La famiglia e il suo entourage alla fine cedettero e il 19 novembre un’infermiera staccò le macchine che lo tenevano in vita.
Verso le 23:00 di quel giorno arrivarono in ospedale la moglie e i familiari; Franco si spense l’indomani, nelle prime ore del 20 novembre 1975, all’età di 82 anni, esattamente 39 anni dopo l’esecuzione di José Antonio Primo de Rivera, fondatore della Falange. Lo storico Ricardo de la Cierva sostenne però di essere stato informato della sua morte già la sera del 19 novembre.
L’annuncio ufficiale del decesso del dittatore venne dato da Rufo Gamazo, addetto stampa del Movimiento Nacional, che alle 5:00 del mattino trasmise ai media un telegramma contenente solo la frase «Franco ha muerto» (“Franco è morto”) ripetuta per tre volte. Alle 6:15 l’annuncio venne dato dalla radio di Stato e, poche ore dopo, il Presidente del Governo Carlos Arias Navarro apparve alla televisione per leggere un discorso ufficiale e il “testamento ideale” del dittatore. Vennero dichiarati trenta giorni di lutto nazionale.
La salma di Franco, rivestita con l’alta uniforme militare, venne trasferita nella sala de Columnas del Palazzo Reale di Madrid, ove venne offerta per 50 ore in camera ardente; si calcola che gli resero omaggio tra 300.000 e 500.000 persone.
Al suo funerale, celebrato tre giorni dopo, parteciparono solo tre capi di Stato: il principe Ranieri III di Monaco, il re Ḥusayn di Giordania e Augusto Pinochet, che definì Franco uno dei suoi modelli ispiratori. L’ex presidente statunitense Richard Nixon inviò un messaggio in cui definì Franco «un leale amico e alleato degli Stati Uniti.»
I familiari accettarono la proposta del governo uscente, presieduto dal re Juan Carlos e dal Presidente del Governo Arias Navarro, di seppellire il dittatore nella Valle de los Caídos, un colossale complesso monumentale realizzato per commemorare i caduti di entrambi gli opposti schieramenti della guerra civile, fatto costruire dagli oppositori politici, in stragrande maggioranza prigionieri repubblicani, condannati ai lavori forzati.
Il 24 agosto 2018, il governo di Pedro Sánchez approvò un progetto di legge concernente gli emendamenti alla legge 57/2007, riconoscendo solo ai caduti della guerra civile la possibilità di essere sepolti nella Valle, e la necessità di trasferire altrove la salma del caudillo. Il governo ha quindi successivamente dato alla famiglia di Franco 15 giorni di tempo per decidere un nuovo luogo di sepoltura. Il 13 settembre 2018, il Congresso dei Deputati, con 172 voti a favore, 2 contrari e 164 astenuti, ha approvato il real-decreto legge contenente gli emendamenti alla sopramenzionata legge, consentendo la rimozione del corpo di Franco dal sacrario.
Successivamente, dopo una lunga battaglia giudiziaria da parte dei discendenti del dittatore contro la decisione del governo, da essi persa, l’esumazione dei resti di Franco dalla basilica della Valle ha avuto luogo il 24 ottobre 2019; la salma è stata traslata, alla presenza di venti stretti familiari, nel cimitero di Mingorrubio-El Pardo, alla periferia nord di Madrid, dove, dopo una cerimonia religiosa privata condotta da padre Ramón Tejero, figlio dell’ex tenente colonnello golpista Antonio Tejero, riposa vicino alle spoglie della moglie Carmen Polo nella cripta di una cappella.
In Spagna e all’estero il giudizio su Franco resta controverso; quando morì, nel 1975, i partiti spagnoli si accordarono per non investigare sulle persecuzioni e sui crimini perpetrati dai franchisti durante la guerra civile e durante la dittatura, per assicurare una pacifica transizione verso la democrazia. Questo accordo si estinse nel 2000, quando venne fondata l’Associazione per il Recupero della Memoria Storica ed ebbe inizio il dibattito pubblico. Un sondaggio del 2006 constatò che circa i due terzi della popolazione spagnola erano a favore di uno studio più dettagliato dei fatti avvenuti durante la guerra civile.
Figura estremamente controversa, Franco è visto come un leader divisivo. I suoi sostenitori elogiano la sua neutralità durante il secondo conflitto mondiale e la crescita economica della Spagna nel dopoguerra, nonché la sua apertura verso la comunità internazionale. All’estero ebbe supporto da Winston Churchill e dagli ambienti cattolici della società americana, ma fu osteggiato dall’amministrazione di Harry Truman.
Gli oppositori di sinistra lo definirono un tiranno responsabile di centinaia di migliaia di morti in un clima pluridecennale di repressione politica, e di complicità con le atrocità commesse dalle potenze dell’Asse durante la seconda guerra mondiale. Franco è visto da molti come un modello di anticomunismo, specialmente nei paesi del Sud America: fu ammirato ed elogiato pubblicamente da Augusto Pinochet e gli stessi sostenitori di Franco onorarono Pinochet alla sua morte nel 2006.
La lunghezza della dittatura franchista, la sua persecuzione delle opposizioni e la massiccia propaganda rendono difficile una valutazione del suo operato. Per quarant’anni venne insegnato nelle scuole elementari spagnole che Franco era stato mandato dalla Provvidenza a salvare la Spagna dal caos e dall’ateismo.
Gli spagnoli che subirono la repressione franchista hanno lottato, dopo la fine della dittatura, per far rimuovere tutti i memoriali che ricordavano il regime. Sono state ripristinate le denominazioni originali di tanti palazzi e strade che erano dedicate a Franco, e nel 2007 il governo spagnolo bandì ogni riferimento pubblico a Franco e al suo regime, rimuovendo statue, nomi di strade e memoriali a essi connessi. Franco è venerato come santo dalla scismatica Chiesa cattolica palmariana.
Il 26 novembre 1975, all’indomani della morte del caudillo, re Juan Carlos I di Spagna creò il “ducato di Franco”, con grandato di Spagna, insignendone la figlia Carmen Franco, I duchessa di Franco, e i suoi eredi.