Sachsenhausen

Il campo di concentramento di Sachsenhausen fu uno dei più grandi in Germania, in esercizio dal 1936 al 1945. Venne costruito nel territorio di Sachsenhausen e fin dall’inizio fu affidato al controllo delle SS. Grazie alla sua vicinanza a Berlino fu utilizzato come campo modello sia per la sua organizzazione sia per l’addestramento dei comandanti e del personale poi mandato in altri campi, svolgendo così una funzione simile a quella svolta dal campo di concentramento di Dachau. Una parte del campo ospitava la sede dell’«”Ispettorato dei campi di concentramento”, da cui partivano gli ordini dei comandanti delle SS a tutti i KZ in Germania e poi in tutta l’Europa soggiogata da Hitler». A Sachsenhausen furono deportate circa 200.000 persone e di queste 100.000 vi trovarono la morte.
Nel territorio di Oranienburg, 35 chilometri circa a nord di Berlino, già dal 1933 era stato aperto un primo campo di concentramento che utilizzava gli edifici di un vecchio birrificio abbandonato, e quello fu uno dei primi in cui i nazisti da poco arrivati al potere imprigionarono i loro oppositori politici, come già avveniva nella cittadina bavarese di Dachau. Il comando di quella struttura, che venne poi abbandonata nel 1935, fu affidato alle SA.
Un anno dopo, nella zona denominata Sandhausen (poi Sachsenhausen), venne costruito il campo completamente nuovo di Sachsenhausen. Il progetto fu dell’architetto e ufficiale delle SS Bernhard Kuiper in applicazione delle specifiche direttive ricevute in proposito da Himmler, che voleva una struttura di tipo modulare facilmente riproducibile e ampliabile.
Sachsenhausen divenne operativo dal 12 luglio 1936 come campo di lavoro per prigionieri politici e fu ultimato nel settembre del 1938 da circa 950 prigionieri provenienti dal lager di Esterwegen nell’Emsland. Quasi nessuno di loro sopravvisse alle terribili condizioni di lavoro e di vita già presenti nei primi periodi nel campo.
Il campo assunse un ruolo chiave fra i campi di concentramento nazisti anche per la sua vicinanza con la capitale del Reich e svolse pure la funzione di addestramento delle Waffen-SS poi impiegate negli altri campi.
Durante il 1938 servirono nuove baracche per i prigionieri in arrivo e queste furono aggiunte modificando l’idea originale del campo, perché il complesso che si costruì venne accostato al precedente in maniera da non consentire un’ulteriore espandibilità come richiesto. Molti dei nuovi arrivati destinati a questo complesso aggiuntivo furono ebrei che rimasero a Sachsenhausen fino alla loro deportazione al campo di concentramento di Auschwitz nell’ottobre del 1942.
Nel 1940 venne aggiunta alla prima piazza, utilizzata per l’appello, una seconda. Questa, destinata a testare le suole delle calzature per la Wehrmacht, aveva diverse tipologie di terreno calpestabile e i prigionieri erano obbligati a marciare, a questo scopo, per tutta la giornata.
L’Haftlingslager, il campo vero e proprio. La pianta del campo fu inizialmente quella di un triangolo equilatero che «nella sua forma definitiva» misurava circa 600 metri per ogni lato e secondo una pubblicazione del 2013 dello storico tedesco Günter Morsch fu «l’unico campo concepito in questa forma geometrica». Tutti gli edifici sorsero simmetrici e disposti in modo che dalla torre A, il punto di comando SS del lager situato al centro del lato principale del triangolo, fossero perfettamente visibili. Dalla torre, munita di mitragliatrice, era possibile controllare quasi ogni punto vitale della struttura. Davanti alla torre era situata la piazza dell’appello, di forma semicircolare, con quattro anelli di baracche costruiti ai suoi bordi. Conteneva quattro baracche dell’infermeria, una cucina, una lavanderia e una piccola fattoria.
l Kleineslager, o piccolo campo. Fu costruito nel 1938 per contenere i prigionieri ebrei arrestati dopo la Notte dei Cristalli, e sorgeva sul lato destro del lager, vicino alla prigione. Conteneva cinque file di baracche, di tre edifici ciascuna.
La Zellenbau, la prigione del campo. Era a forma di T, e conteneva circa 80 celle, dove i prigionieri venivano reclusi o torturati. Nel suo cortile erano presenti tre pali a cui i prigionieri venivano appesi per le braccia (una tortura detta tratto di corda).
Il Sonderlager o campo speciale. Sorgeva all’esterno del campo, sul lato destro, e fu originariamente costruito per isolare i prigionieri speciali del campo. Fu in seguito ingrandito esponenzialmente per ospitare i prigionieri di guerra alleati prima delle esecuzioni.
L’Industriehof o cortile industriale: sorgeva sul lato sinistro del campo. Comprendeva varie fabbriche, tra cui una fabbrica di scarpe, una sartoria, e una fabbrica di mattoni e un settore per i magazzini. Fu inclusa in seguito la “Stazione Z”, dove avvenivano le esecuzioni.
Il Kommandantur, dove sorgevano gli edifici di amministrazione del campo.
· Sul proseguimento di questo asse centrale oltre alla torre e alla strada interna principale venne collocata la caserma delle SS. Il complesso costruito inizialmente su una superficie di 18 ettari, fu ampliato mese dopo mese fino a occupare alla fine una superficie di 400 ettari, comprendendo al suo interno anche diverse abitazioni per gli ufficiali di grado superiore e per le loro famiglie. Di conseguenza, la sua pianta finale fu un triangolo equilatero, con due rettangoli sul lato destro e sul finire del lato di fondo, e diverse aree irregolari sul lato sinistro, vicino al campo trapezoidale delle SS. Un modello simile venne utilizzato in seguito per un lager esterno adibito alla cottura di mattoni costruito a partire dal 1938 sulla chiusa di Lehnitz.
Nel campo furono costruite dagli stessi internati più di 60 baracche. Erano fatte in legno, con un tetto poco spiovente, e una fila di finestre su ogni lato. Sul lato frontale era appeso un cartello recante il numero della baracca.
Erano composte da un’area centrale, adibita al lavaggio e dotate di due grandi bacili, e due ali laterali per il riposo. Ogni ala conteneva un bagno, una sala mensa in cui si trovava un letto, e una stanza che conteneva tre file di letti a castello a tre piani. Le baracche 38 e 39 furono preservate e oggi ospitano due musei sulla vita quotidiana nel campo.
Pur essendo classificato come campo di concentramento e non di sterminio, molti degli internati vi trovarono la morte nei modi e nelle situazioni più diversi. Nel cortile della prigione, isolato dal resto del lager, avevano luogo le esecuzioni per impiccagione. Centro delle esecuzioni era la cosiddetta “Stazione Z”, un complesso di edifici che sorgeva nella “Zona Industriale” del campo. Le SS erano autorizzate alle esecuzioni capitali anche per sospetto sabotaggio al lavoro, senza bisogno di condanne da parte di un tribunale. Molti morirono di stenti, di fame, di dissenteria e di polmonite. Sugli internati vennero effettuati esperimenti e in diversi furono uccisi con i gas di scarico dei camion, infatti nel lager furono effettuati i primi esperimenti per l’eliminazione con il gas, sia nei camion (Gaswagen), sia nelle prime, rudimentali camere a gas. A Sachsenhausen furono inoltre uccisi i prigionieri di guerra sovietici, ospitati temporaneamente nel Sonderlager. Circa 12.000 di loro trovarono qui la morte.
Il nome del complesso derivava direttamente da quello dell’ingresso del campo. La costruzione in cui sorgeva il cancello era detta “Torre A”, e la “stazione” era il punto da cui i prigionieri “uscivano” attraverso la morte dal campo. I prigionieri passavano perciò “dalla A alla Z”.
La sua costruzione principale comprendeva una piccola camera a gas (dalla capacità di 35 condannati), costruita dentro un vecchio garage, uno studio medico e un impianto per la fucilazione alla nuca, un mortorio e un forno crematorio, dotato di quattro bocche, che nel 1942 fu rimpiazzato con uno nuovo e più efficiente. Il colpo alla nuca fu per molto tempo il principale metodo di esecuzione, prima di essere sostituito perché poco efficiente. Fu scavata allora una trincea, in cui avvenivano impiccagioni e fucilazioni di massa, ed essa divenne il metodo più utilizzato per l’omicidio dalle SS, nonostante generasse eccessivo panico, e fu perciò installato dietro la fossa un piccolo mortorio. La camera a gas, costruita nel 1943, fu usata relativamente poco (le stime parlano di 30 o 35 utilizzi, con quindi circa 1050 vittime).
Comandanti del complesso
SS-Hauptsturmführer Michael Lippert, da luglio a ottobre 1936
SS-Standartenführer Karl Otto Koch, da ottobre 1936 a luglio 1937
SS-Standartenführer/SS-Oberführer Hans Helwig, da luglio 1937 a gennaio 1938
SS-Oberführer Hermann Baranowski, da gennaio 1938 a settembre 1939
SS-Sturmbannführer Walter Eisfeld, da settembre 1939 a gennaio 1940
SS-Oberführer Hans Loritz, da gennaio 1940 a settembre 1942
SS-Sturmbannführer Anton Kaindl, da settembre 1942 al 22-23 aprile 1945
Il nome Sachsenhausen gli fu dato per via della omonima e vicina stazione ferroviaria (utilizzata a lungo per il campo stesso) situata nel quartiere Sachsenhausen della cittadina di Oranienburg.
I prigionieri vennero impiegati in officine e imprese di proprietà delle stesse SS che si trovavano nel cortile industriale accanto al lager. Erano previste molte attività come una sartoria, falegnameria, officine per la lavorazione dei metalli e laboratori elettrici. A partire dal 1942 si affiancarono al campo principale oltre 100 lager minori esterni e anche squadre gestite dai militari sempre coordinate da Sachsenhausen. I prigionieri furono utilizzati inoltre come forza lavoro nelle aziende vicine per la produzione di armamenti e materiale bellico e, vista la relativa vicinanza, trasferiti giornalmente anche presso importanti industrie di Berlino: Demag-Panzer, Henschel & Sohn, IG Farben, Allgemeine Elektricitäts-Gesellschaft, Dest, DAW, Siemens, Heinkel e Daimler-Benz.
A Sachsenhausen fu realizzata la più importante opera di contraffazione di banconote della storia, l’Operazione Bernhard. I nazisti, a tale scopo, raggrupparono nel campo diversi falsificatori per la produzione in serie di banconote false e si stima che siano stati prodotti circa 133 milioni di sterline e una quantità enorme di dollari, insieme a francobolli falsi e documenti. Si svolse tra le baracche 18 e 19 del campo, situate nel Kleineslager, che vennero per questo isolate dal resto del campo; furono circondate con il filo spinato e le loro finestre vennero dipinte di bianco, per ridurre al minimo la visibilità. I 142 lavoratori, al prezzo della loro solitudine, godevano di diversi grandi privilegi: avevano armadi personali, cibo a sufficienza, e la possibilità di conservare i vestiti civili e di leggere. Intenzione delle SS era di uccidere tutti i lavoratori, ma alcuni di loro sopravvissero: tra quelli ci fu Adolf Burger. Deportato prima ad Auschwitz I, poi nel campo di Auschwitz II-Birkenau, dove si ammalò di tifo a causa di Mengele, fu infine condotto a Sachsenhausen per lavorare nell’Operazione. Dopo la guerra, la propaganda neonazista lo spinse a raccontare le sue memorie, nei libri Číslo 64401 mluví (Il numero 64401 parla, 1945), Il Commando dei Falsari (1983) e l’Officina del Diavolo (1983).
Harry Naujoks (1901/1983) fu fra gli internati del campo. Anti fascista e comunista, venne arrestato nel 1933 e nel 1936 fu imprigionato nel nuovo campo di Sachsenhausen-Orianenburg, prima di essere condotto nel 1942 al campo di Flossenbürg. Liberato nell’aprile 1945, raccontò le sue memorie del “campo modello”:
Ogni ufficiale delle SS doveva essere salutato dai prigionieri. Quando uno di loro passava davanti a una SS, doveva sorpassarla di sei passi, mettere la mano sinistra sulla cucitura dei pantaloni, e con la mano destra togliersi il berretto e appoggiarlo sulla stessa cucitura, passando affianco all’ufficiale guardandolo, e dopo averlo superato di tre passi, rimettersi il cappello. Tutto il saluto doveva essere fatto stringendo il pollice sul palmo e le quattro dita sul cappello. Se il saluto non era abbastanza veloce, il prigioniero non rimaneva sull’attenti o le sue dita non erano abbastanza strette, o semplicemente l’ufficiale riteneva il saluto insufficiente, l’internato subiva carichi di lavoro extra o veniva denunciato al comando del campo.
Naujoks descrisse anche la vita quotidiana nelle baracche del campo:
Quando la sera tornavamo nelle baracche, stanchi dopo la giornata di lavoro, tutto veniva buttato insieme. Gli armadietti venivano rovesciati, conserve, margarina e tutto il resto del cibo venivano accatastati al centro della baracca insieme con il dentifricio, i panni sporchi e i bicchieri rotti. Le brande di ferro venivano ribaltate, e i materassi di paglia venivano svuotati… Quando eravamo finalmente a letto, il supervisore della baracca entrava nel cuore della notte e bisognava alzarsi, saltare sul pavimento, sotto il letto, per quanto il supervisore voleva. Molti nemmeno andavano a letto, ma dormivano sul pavimento per non dover rifare la branda. Per evitare di essere visti dal supervisore, dormivano sotto i letti.
Le baracche erano progettate per contenere circa 100 persone, ma contenevano nella realtà ben più di 400 internati. L’aumento più esponenziale della popolazione del campo si ebbe nel 1938, con l’arresto degli asociali e degli ebrei. A proposito dell’aumento di popolazione, Najouks scrive:
Normalmente, ogni baracca conteneva 146 internati, almeno fino al 1938, con l’aggiunta di un terzo piano nei letti a castello. Allora, le baracche arrivarono a contenere dai 180 ai 200 internati… Ma dopo il 1939, il letto in più fu rimosso e i materassi di paglia vennero lasciati per terra. Spesso, i materassi venivano stesi durante la notte anche nelle stanze adibite all’uso diurno; durante il giorno, i sacchi di paglia venivano accumulati nella sala notte. Spesso nelle baracche erano strette più di 400 persone.
Il campo fu liberato tra il 22 e il 23 aprile del 1945 dai reparti avanzati delle truppe sovietiche e polacche. Al suo interno rimanevano ancora circa 3.000 persone ormai in fin di vita poiché la maggior parte degli internati era stata trasferita dalle SS con le famigerate marce della morte in campi più occidentali.
Al termine della guerra, a partire dalla metà del 1945, il campo fu utilizzato come ospedale provvisorio per gli ex-internati e per alcuni invalidi di guerra che per il loro stato di salute non erano in grado di fare ritorno in patria. In seguito Sachsenhausen divenne, per le forze di occupazione sovietiche, il campo speciale n. 7, controllato direttamente dalla sua amministrazione e destinato ad accogliere circa 60.000 prigionieri di guerra tedeschi.
Tra questi 60.000 nuovi internati si trovavano funzionari nazionalsocialisti di grado medio e basso, militari della Wehrmacht, renitenti alla leva, oppositori politici e altre persone arrestate per i motivi più diversi. In questo periodo morirono circa 12.000 detenuti per varie cause come malnutrizione, malattie, esaurimento fisico e psichico. Come campo di detenzione perse importanza sin dal 1948 e venne definitivamente chiuso nel 1950. Da quel momento, sino al 1955, la Kasernierte Volkspolizei (KVP) della Repubblica Democratica Tedesca lo utilizzò come caserma.
Nel 1961 divenne un luogo della memoria, il National Memorial e Memorial Sachsenhausen, e come tale ampliato più volte. Col passare degli anni ha raggiunto importanza nazionale e internazionale.
Tra il 1936 e il 1945 a Sachsenhausen furono rinchiuse più di 200.000 persone di circa 40 nazionalità. I prigionieri furono inizialmente oppositori politici del nazionalsocialismo, quindi soprattutto detenuti politici. Si aggiunsero presto le persone ritenute responsabili di comportamenti asociali, deviati o non integrati come i Sinti e i Rom, oltre agli omosessuali. In numero sempre crescente vennero deportati quindi gli appartenenti ai gruppi dichiarati razzialmente e biologicamente inferiori secondo le leggi razziali naziste, e tra questi in particolare gli ebrei.
A partire dal 1939 vennero internati cittadini provenienti dai Paesi europei occupati e occorre considerare che con l’entrata in guerra della Germania mutò la motivazione che spingeva il regime a internare persone in questo e in altri campi di concentramento prima e di sterminio poi. La forte richiesta di forza lavoro per sostenere la produzione industriale di armamenti portò a direttive specifiche in tal senso. In particolare Hitler nominò Albert Speer ministro per gli armamenti e ordinò a Himmler di incrementare il numero di detenuti da mettere a disposizione della produzione bellica. Oswald Pohl divenne, in quel momento, il referente dell’organizzazione delle SS che gestiva gli aspetti economici dei campi di concentramento.
Un caso particolare e diverso fu quello dei Testimoni di Geova che rifiutarono, per le loro convinzioni religiose, di sostenere lo sforzo bellico tedesco.
Nel campo inoltre vennero eseguiti esperimenti medici senza il controllo presente nelle normali strutture sanitarie. I prigionieri furono così sottoposti a ferite, esposti a infezioni per testare l’efficacia di farmaci e vennero comunque trattati, in questo, come cavie da laboratorio, negando loro la dignità umana. Ai bambini venne ad esempio inoculato il virus dell’epatite per verificare le reazioni indotte nel loro organismo. Decine di migliaia di persone morirono così per fame, malattie, lavoro forzato, maltrattamenti, esperimenti oppure divennero vittime di esecuzioni sistematiche delle SS.
A Sachsenhausen furono inoltre uccisi gli uomini del commando dell’Operazione Musketoon. Tra gli internati vi furono la moglie e i figli di Rupprecht di Baviera, principe ereditario di Baviera e membro della famiglia Wittelsbach, che furono imprigionati dall’ottobre 1944 all’aprile 1945 e di qui trasferiti al campo di concentramento di Dachau. Altro prigioniero fu il reverendo Martin Niemöller, attivo anti-nazista.