Il III Reich

Germania nazionalsocialista (o più comunemente nazista) o Terzo Reich (in tedesco: Drittes Reich, lett. Terzo Impero o Terzo Stato) sono le definizioni con cui comunemente ci si riferisce alla Germania tra il 1933 e il 1945, quando si trovò sotto il regime totalitario del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori guidato dal cancelliere Adolf Hitler, che assunse il titolo di Führer.

Il termine “Terzo Reich” intendeva connotare la Germania nazista come il successore storico del medievale Sacro Romano Impero (962-1806) fondato da Ottone I di Sassonia, e del moderno Impero tedesco (1871-1918), fondato dal Kaiser Guglielmo I. Le denominazioni ufficiali furono Deutsches Reich (tale denominazione era in uso sin dal 1871) dal 1933 al 1943 e Großdeutsches Reich (“Grande Reich tedesco”) dal 1943 al 1945, ma anche Tausendjähriges Reich (“Stato millenario”) per alludere a concetti escatologici. Il 30 gennaio 1933 Hitler venne nominato cancelliere del Reich e, nonostante inizialmente fosse a capo di un governo di coalizione, si liberò velocemente dei partiti alleati, per poi nel giro di un anno accentrare nel governo e nella sua persona sia il potere esecutivo sia quello legislativo, esautorando completamente il Reichstag, e ponendo le basi per quel governo totalitario di estrema destra dalle forti connotazioni nazionalistiche, militaristiche, antisemite, e fortemente aggressivo in politica estera.

All’epoca i confini tedeschi erano ancora quelli stabiliti dal Trattato di Versailles del 1919 tra la Germania e le potenze Alleate (Regno Unito, Francia, Stati Uniti, Italia, Giappone e altri) dopo la fine della prima guerra mondiale; a nord la Germania era limitata da mare del Nord, mar Baltico e Danimarca; a est era divisa in due parti e confinava con Lituania, la Città Libera di Danzica, Polonia e Cecoslovacchia; a sud confinava con Austria e Svizzera, mentre a ovest toccava Francia, Lussemburgo, Belgio, Paesi Bassi, Renania e Saarland. Questi confini cambiarono dopo che la Germania riprese il controllo di Renania, Saarland e Territorio di Memel e si annesse l’Austria, i Sudeti e la Boemia e Moravia. Durante la seconda guerra mondiale la Germania si espanse trasformandosi nella Großdeutschland (“Grande Germania”), secondo i principi del pangermanismo, già sviluppati nel secolo precedente, ma particolarmente cari a Hitler; tale processo di espansione iniziò nel 1938 con l’Anschluss, ossia l’annessione dell’Austria, ma fu l’aggressione alla Polonia che spinse il Regno Unito e la Francia alla dichiarazione di guerra.

Nel corso della guerra la Germania e le altre potenze dell’Asse europee (Italia, Ungheria, Romania e Slovacchia) conquistarono e occuparono tutta l’Europa (con l’eccezione delle isole britanniche, della Svizzera, della Svezia, della penisola iberica e della Turchia europea), nonché parte della Russia europea; la Germania nazista fu l’impero che, fatta eccezione per l’impero romano, unificò e dominò maggiormente la superficie europea in tutta la storia dell’umanità. I nazisti perseguitarono e assassinarono milioni di ebrei e di appartenenti ad altre minoranze etniche, in particolare popolazioni zingare e slave, commettendo il genocidio noto come Olocausto, perseguito, per quanto riguarda gli ebrei, secondo il programma delineato nella cosiddetta “soluzione finale della questione ebraica” (Endlösung der Judenfrage in tedesco), che in ultimo assunse i connotati di un vero e proprio sterminio di massa e che venne illustrato ai capi di varie burocrazie naziste alla conferenza di Wannsee per ottenerne la collaborazione operativa. Furono inoltre perseguitati e spesso uccisi diversi esponenti antinazisti (perlopiù socialisti e comunisti) eseguendo condanne a morte con il Volksgerichtshof (Tribunale del Popolo), nonché Massoni, testimoni di Geova, rom e sinti (quest’altro genocidio è noto come Porajmos), omosessuali tramite il paragrafo 175 del codice penale tedesco del tempo e anche persone affette da malattie ereditarie e congenite gravi sia di tipo fisico sia mentale, tramite il programma Aktion T4.

Tra il 1943 e il 1945 la Germania subì una continua serie di pesanti sconfitte da parte degli Alleati, in particolare Unione Sovietica, Stati Uniti e Regno Unito. Ciò portò all’occupazione del territorio tedesco e allo smembramento in quattro settori d’occupazione, poi ridotti a due, uno filo-occidentale (la Germania Ovest) e uno filo-sovietico (la Germania Est).

POST PRIMA GUERRA MONDIALE

La Germania Nazionalsocialista crebbe in una situazione in cui erano diffusi nel Paese sentimenti di umiliazione, rabbia e risentimento in seguito alle condizioni imposte alla nazione dal trattato di Versailles del 1919[nota 3] che aveva imposto ai tedeschi sconfitti:

l’accettazione da parte della Germania di dichiararsi sola responsabile per lo scoppio della prima guerra mondiale;

la perdita permanente di diversi territori e la smilitarizzazione di altre parti del territorio tedesco;

il pagamento da parte della Germania di pesanti risarcimenti sia in denaro sia in natura, giustificati, dal punto di vista degli Alleati, dalla clausola della responsabilità di guerra;

il disarmo unilaterale della Germania nonché severe restrizioni in campo militare.

Altre condizioni che favorirono l’ascesa del Terzo Reich furono il nazionalismo e il pangermanismo, le tensioni sociali attribuite all’azione di gruppi marxisti, la grande depressione globale degli anni trenta (conseguenza del crollo di Wall Street del 1929), l’iperinflazione, la reazione contro l’anti-tradizionalismo e il liberalismo della Repubblica di Weimar e la crescita del comunismo in Germania, con la nascita del Partito Comunista di Germania (Kommunistische Partei Deutschlands, KPD).

Molti elettori, cercando uno sfogo per le loro frustrazioni – e come espressione del loro rifiuto della democrazia parlamentare che appariva incapace di mantenere un governo in carica per più di pochi mesi – iniziarono a scegliere partiti politici di estrema destra e di estrema sinistra, appoggiando estremisti proprio come il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei, NSDAP).

I nazionalsocialisti promettevano un governo forte e autoritario al posto del sistema repubblicano e della pace civile (concetti da loro ritenuti logori), politiche economiche radicali (tra cui il raggiungimento del pieno impiego), il riscatto dell’orgoglio nazionale (principalmente ripudiando l’odiato trattato di Versailles) e la pulizia razziale con la soppressione di ebrei e marxisti; il tutto in nome dell’unità e della solidarietà nazionale, preferite alle divisioni partigiane della democrazia e alla divisione in classi sociali del marxismo. I nazionalsocialisti promettevano inoltre un risveglio culturale nazionale basato sulla tradizione del movimento völkisch e proponevano il riarmo, il rifiuto di continuare a pagare i debiti di guerra e la rivendicazione dei territori persi con il trattato di Versailles.

Il partito nazionalsocialista sosteneva che – con la firma del trattato – la liberaldemocrazia della Repubblica di Weimar e i cosiddetti “traditori criminali di novembre” avevano rinunciato all’orgoglio nazionale tedesco in quanto ispirati dagli ebrei e loro conniventi, il cui obiettivo era il rovesciamento della nazione e l’avvelenamento del sangue tedesco. Per far accettare tale interpretazione della recente storia tedesca la propaganda nazionalsocialista si servì efficacemente della Dolchstoßlegende (“leggenda della pugnalata alle spalle”), spiegando in quel modo l’insuccesso militare della Germania. A partire dal 1925 e per tutti gli anni trenta il governo tedesco continuò a evolversi trasformandosi da una democrazia de jure in uno Stato autoritario conservatore e nazionalista, trasformazione avvenuta sotto la guida del presidente-eroe di guerra Paul von Hindenburg, al quale non piaceva la liberal democrazia della Repubblica di Weimar e voleva rendere la Germania uno Stato autoritario.

L’alleato naturale per l’imposizione di una svolta autoritaria era il Partito Popolare Nazionale Tedesco (Deutschnationale Volkspartei, DNVP) – ovvero i “nazionalisti” – ma dopo il 1929, con l’economia tedesca che stava stentando, i nazionalisti più giovani e radicali furono attratti dalla natura rivoluzionaria del partito nazionalsocialista, anche come sfida contro il crescente consenso popolare per il comunismo. I partiti politici della classe media persero inoltre il sostegno del loro elettorato, che confluì verso le ali estreme dello spettro politico tedesco, rendendo sempre più difficile la creazione di un governo di maggioranza in un sistema parlamentare. Nelle elezioni federali tedesche del 1928, quando l’economia era migliorata dopo l’iperinflazione del periodo del 1922-1923, i nazionalsocialisti ottennero solo dodici seggi.

IL GOVERNO

Solo due anni dopo, nelle elezioni federali tedesche del 1930, tenutesi qualche mese dopo il crollo della borsa statunitense, il partito nazionalsocialista ne ottenne 107, trasformandosi dal piccolo gruppetto rappresentante il nono partito per numero di parlamentari nella seconda forza politica del Reichstag.

Le elezioni federali tedesche del luglio 1932 rappresentarono la svolta: i nazionalsocialisti diventarono il primo partito rappresentato al Reichstag, aggiudicandosi 230 seggi; Il presidente Hindenburg era restio ad affidare a Hitler il potere esecutivo, ma l’ex cancelliere Franz von Papen e Hitler strinsero un’alleanza tra partiti NSDAP-DNVP che avrebbe permesso ad Hitler stesso di ottenere il cancellierato sotto il controllo di un partito conservatore tradizionale e a Hindenburg di sviluppare uno Stato autoritario. Hitler fece notevoli pressioni per essere nominato cancelliere, promettendo in cambio a Hindenburg che il partito nazionalsocialista avrebbe appoggiato qualsiasi tipo di governo avesse nominato.

Il 30 gennaio 1933 il presidente Paul von Hindenburg nominò così Adolf Hitler cancelliere della Germania dopo il fallimento del generale Kurt von Schleicher nel tentativo di formare un governo in grado di reggere. Nominato vice cancelliere, il generale von Schleicher credeva di poter controllare Hitler e mantenere i nazionalsocialisti in minoranza all’interno del governo. Hitler, sia tramite il figlio Oskar von Hindenburg sia tramite gli intrighi dell’ex cancelliere von Papen, fece pressioni su Hindenburg, che era il capo del Partito di Centro Tedesco e la cui linea politica era in parte dettata dal suo anticomunismo. Anche se i nazionalsocialisti avevano ottenuto la maggioranza relativa nelle due elezioni del 1932, non avevano una reale maggioranza, bensì solo una leggera maggioranza parlamentare grazie all’alleanza con la NSDAP-DNVP che governò per decreto presidenziale in forza dell’articolo 48 della Costituzione di Weimar.

Il trattamento che i nazionalsocialisti riservarono agli ebrei nei primi mesi del 1933 rappresentò il primo passo del loro processo di eliminazione dalla società tedesca. Tale progetto rappresentava uno dei pilastri della “rivoluzione culturale” ideata da Adolf Hitler.

CONSOLIDAMENTO DEL POTERE

Il nuovo governo instaurò rapidamente in Germania una dittatura totalitaria, istituendo con provvedimenti legislativi un governo centrale allineato, un processo chiamato Gleichschaltung. La notte del 27 febbraio 1933 il Palazzo del Reichstag andò a fuoco mentre al suo interno si trovava Marinus van der Lubbe; l’uomo venne arrestato, accusato di incendio doloso, processato e quindi decapitato. Tali fatti provocarono la reazione immediata di migliaia di anarchici, socialisti e comunisti in tutto il Paese; definiti i loro discorsi e comizi come un’insurrezione, i nazionalsocialisti ne imprigionarono molti nel campo di concentramento di Dachau. L’opinione pubblica temette che l’incendio fosse un segnale per dare il via a una rivoluzione comunista in Germania, come quella del 1919, così i nazionalsocialisti lo sfruttarono emanando il Decreto dell’incendio del Reichstag (27 febbraio 1933) con cui abrogavano la maggior parte delle libertà civili, in modo da eliminare i loro avversari politici.

Nel marzo 1933, con il Decreto dei pieni poteri, votato dal Parlamento con 444 favorevoli e 94 contrari (i socialdemocratici rimasti), il Reichstag conferì per decreto poteri dittatoriali al cancelliere Adolf Hitler; per quattro anni avrebbe avuto un potere politico assoluto che lo autorizzava a non rispettare più i principi della Costituzione di Weimar; da quel momento, per tutto il 1934, il partito nazionalsocialista si dedicò alla brutale eliminazione dell’opposizione politica; il Decreto dei pieni poteri aveva già messo fuori legge i comunisti (KPD), mentre i socialdemocratici (SPD) vennero messi al bando in giugno nonostante avessero accettato le richieste di Hitler. Nel periodo che andò da giugno a luglio anche nazionalisti (DVNP), Partito Popolare (DVP) e Partito dello Stato tedesco (DStP) vennero obbligati a sciogliersi in vari modi. In seguito, su pressione di Franz von Papen, anche il rimasto Centro cattolico fu sciolto il 5 luglio 1933 dopo aver ottenuto dai nazionalsocialisti garanzie riguardo al sistema educativo cattolico e i gruppi giovanili. Il 14 luglio 1933 la Germania venne dichiarata ufficialmente un Paese monopartitico.

Istituito il Terzo Reich, il regime nazionalsocialista abolì i simboli della Repubblica di Weimar, tra cui la bandiera tricolore nero-rosso-oro, adottando un simbolismo riferibile sia al vecchio sia al nuovo impero, che rappresentava la natura duplice del terzo impero tedesco. Il tricolore imperiale nero-bianco-rosso, caduto per lo più in disuso durante la Repubblica di Weimar, venne ripristinato come una delle due bandiere ufficiali nazionali della Germania; la seconda fu la bandiera con la svastica del partito nazionalsocialista, che poi diventò bandiera nazionale tedesca nel 1935. L’inno nazionale rimase Das Lied der Deutschen (noto anche come Deutschland über Alles), ma i nazionalsocialisti ne modificarono il testo mantenendo solo la strofa iniziale, a cui seguiva l’Horst-Wessel-Lied accompagnato dal saluto nazionalsocialista.

Il 30 gennaio 1934 il cancelliere Hitler concentrò formalmente il potere esecutivo su se stesso con il Gesetz über den Neuaufbau des Reichs (Decreto per la ricostruzione del Reich), sciogliendo i parlamenti dei Länder e trasferendone i poteri legislativi e amministrativi al governo centrale di Berlino. Il processo di centralizzazione era iniziato poco dopo il marzo 1933 con la promulgazione del Decreto dei pieni poteri, quando i governi regionali erano stati sostituiti dai Reichsstatthalter (governatori del Reich). Anche le amministrazioni locali furono rimosse; i governatori del Reich nominarono direttamente i sindaci delle città e paesi con popolazione inferiore ai 100 000 abitanti; il Ministero degli interni nominava invece i sindaci delle città con popolazione superiore; per quanto riguardava le città di Berlino, Amburgo e Vienna (dopo l’Anschluss del 1938) Hitler ne nominava i sindaci a propria discrezione.

Entro la primavera del 1934 solo il Reichswehr (le forze armate tedesche) rimaneva indipendente dal governo; per tradizione era infatti considerato un’entità politica a sé stante, separata dal governo nazionale. La milizia paramilitare nazionalsocialista Sturmabteilung (SA) si aspettava di poter assumere il comando dell’esercito tedesco, ma il Reichswehr si oppose all’ambizione del capo delle SA Ernst Röhm di annettere l’esercito alle SA stesse. Röhm intendeva anche varare una “rivoluzione socialista” per completare la “rivoluzione nazionalista” attuata con l’ascesa al potere di Hitler. Röhm e i capi delle SA volevano che il regime mettesse in atto le sue promesse di promulgare una legislazione socialista per i tedeschi di ascendenza ariana.

Dal momento che il suo potere, senza il controllo del Reichswehr, era assoluto solo sulla carta e volendo mantenere buoni rapporti con esso e con determinati politici e industriali (seccati dalla violenza politica delle SA), Hitler ordinò alle Schutzstaffel (SS) e alla Gestapo di assassinare i suoi avversari politici sia all’esterno sia all’interno del partito nazionalsocialista durante la “notte dei lunghi coltelli” (Nacht der langen Messer, Röhm-Putsch). L’eliminazione di Ernst Röhm, delle sue SA, degli strasseristi, della corrente di sinistra dei nazionalsocialisti e degli altri avversari politici durò dal 30 giugno al 2 luglio 1934.

Il 2 agosto 1934 von Hindenburg morì. Hitler assunse la carica di Führer e cancelliere del Reich (la carica di Presidente rimase invece vacante) e annunciò ufficialmente la nascita del Terzo Reich. Fino alla morte di Hindenburg il Reichswehr non aveva seguito Hitler, in parte perché l’associazione delle SA, che comprendeva molti milioni di uomini, era più grande dell’esercito (limitato a 100 000 effettivi dal Trattato di Versailles), ma anche perché i capi delle SA si proponevano dapprima di inglobare l’esercito nelle SA e quindi lanciare la rivoluzione nazionalsocialista. L’assassinio di Ernst Röhm e degli altri capi SA misero il Reichswehr nella posizione di essere l’unica forza armata della Germania e le promesse di Hitler riguardo all’espansione dell’impero gli garantirono la sua fedeltà. La scomparsa di Hindenburg agevolò il mutamento del giuramento di fedeltà dei soldati tedeschi dalla fedeltà al Reich e alla Repubblica di Weimar in uno di fedeltà a Hitler, che divenne il Führer della Germania.

Il risultato fu che i nazionalsocialisti sancirono la fine dell’alleanza ufficiale di governo NSDAP-DNVP e iniziarono a imporre l’ideologia e il simbolismo nazista in tutti gli aspetti della vita pubblica e privata in Germania; i manuali scolastici vennero sottoposti a revisione o riscritti completamente per promuovere la visione razzista pangermanista della Großdeutschland (“Grande Germania”), che doveva essere fondata dal Herrenvolk nazionalsocialista; gli insegnanti che si opposero ai nuovi programmi di studi vennero licenziati. Inoltre, per forzare l’obbedienza del popolo verso lo Stato, i nazionalsocialisti fecero grande uso della Gestapo, una polizia segreta di Stato indipendente dalle autorità civili. La Gestapo mise sotto controllo il popolo tedesco grazie a 100 000 spie e informatori, che riferivano di chiunque manifestasse posizioni critiche o antinaziste.

Contenta della prosperità portata dai nazionalsocialisti, la maggior parte dei tedeschi rimase silenziosamente obbediente, mentre gli oppositori politici, specialmente comunisti, marxisti e membri dell’Internazionale Socialista furono imprigionati; tra il 1933 e il 1945 più di tre milioni di tedeschi furono rinchiusi in campi di concentramento o in carcere per ragioni politiche e decine di migliaia vennero uccisi. Sempre tra il 1933 e il 1945 i Sondergerichte (“tribunali speciali”) condannarono a morte 12 000 tedeschi, mentre la corte marziale ne condannò a morte 25 000 e la giustizia ordinaria 40 000. Parallelamente, proseuì il rafforzamento territoriale e militare: nel 1935 venne reintrodotto il servizio militare obbligatorio (vietato dal trattato di Versailles del 1919 e nel 1938 venne realizzata l’annesisone dell’Austria (Anschluss).

Tra il 1942 e il 1943 si affermò il movimento della Rosa Bianca (Weiße Rose), un movimento non violento che si oppose al Terzo Reich e che vide, tra le altre figure, quella di Sophie Scholl e il filosofo Hans Scholl.

LA SECONDA GUERRA MONDIALE

La crisi di Danzica raggiunse il suo culmine all’inizio del 1939; man mano che i rapporti sulle dispute riguardo alla Città Libera di Danzica aumentavano, il Regno Unito “garantì” di difendere l’integrità territoriale dell’allora Repubblica Popolare di Polonia e i polacchi respinsero una serie di offerte da parte della Germania nazista riguardanti sia Danzica sia il corridoio polacco; i tedeschi decisero quindi di rompere le relazioni diplomatiche. Hitler aveva saputo che l’Unione Sovietica voleva firmare un patto di non aggressione con la Germania e avrebbe tollerato un attacco contro la Polonia. Il 1º settembre 1939 la Germania invase la Polonia e due giorni dopo Regno Unito e Francia dichiararono guerra alla Germania. La seconda guerra mondiale stava iniziando, ma la Polonia cadde molto rapidamente, specialmente dopo che i sovietici l’ebbero attaccata a loro volta il 17 settembre. Il Regno Unito effettuò dei bombardamenti su Wilhelmshaven, Cuxhaven, Helgoland e altre zone. A parte qualche scontro navale non successe nient’altro: per questo tale periodo venne definito della “strana guerra”.

Il 1940 iniziò con il Regno Unito che lanciò dei volantini di propaganda nei cieli di Praga e Vienna, ma a un attacco tedesco alla flotta britannica in alto mare seguì il bombardamento inglese alla città portuale di Sylt. Dopo l’incidente dell’Altmark al largo delle coste della Norvegia e la scoperta dei piani britannici per accerchiare la Germania, Hitler invase la Danimarca, che non oppose resistenza e capitolò il giorno stesso dell’invasione. Le forze tedesche invasero quindi la Norvegia, che provò invece a resistere. Poco dopo britannici e francesi approdarono nella Norvegia centrale e settentrionale, ma la Germania sconfisse quelle truppe durante la conseguente campagna di Norvegia. Gli scontri durarono fino al giugno 1940, quando le forze anglo-francesi si ritirarono e l’esercito tedesco occupò gli ultimi territori ancora in mano alle forze norvegesi. Subito dopo la Svezia si dichiarò neutrale e la Finlandia si alleò con la Germania: Hitler si garantì così i rifornimenti di ferro dalla Svezia attraverso le acque costiere.

Nel maggio 1940 la “strana guerra” finì e – contro il parere dei suoi consiglieri – Hitler invase il Lussemburgo, il Belgio e i Paesi Bassi; il Lussemburgo non oppose resistenza e capitolò il giorno stesso dell’invasione, mentre Paesi Bassi e Belgio cercarono vanamente di opporsi, ma i loro eserciti crollarono in poco tempo contro quello tedesco e si videro anch’essi costretti a capitolare. Una volta occupati i tre Paesi le forze tedesche invasero la Francia, il cui esercito non era per uomini e per mezzi inferiore a quello della Germania, ma non ne aveva la velocità (molto spesso uomini e cannoni si spostavano ancora al ritmo di fanti e cavalli) e soprattutto non era supportato da adeguate forze aeree (la debole aviazione francese fu subito annientata da quella tedesca e quella britannica non riuscì ad agire in tempo). La campagna di Francia si concluse con una schiacciante vittoria della Germania e con la capitolazione della Francia, che fu divisa in due parti: una zona nord – che passò alla Germania – e una zona sud, dove nacque uno Stato collaborazionista (chiamato anche Francia di Vichy) guidato dal generale Henry Philippe Pétain. Tuttavia, dato il rifiuto dei britannici di accettare l’offerta di pace di Hitler, la guerra continuò. Germania e Regno Unito continuarono a combattere sia in mare sia nei cieli e il 24 agosto due bombardieri tedeschi fuori rotta bombardarono accidentalmente Londra, contro la volontà di Hitler, cambiando il corso della guerra. Come risposta all’attacco i britannici bombardarono Berlino, azione che fece infuriare Hitler, il quale ordinò quindi di attaccare le città britanniche e il Regno Unito venne pesantemente bombardato nell’operazione chiamata Blitz.

Questo cambiamento degli obiettivi prioritari intralciò i piani della Luftwaffe di conquistare la superiorità aerea sulla Gran Bretagna – necessaria per la progettata invasione – e permise alle difese aeree britanniche di recuperare la propria forza e continuare a combattere. Hitler sperava di spezzare il morale dei britannici e conquistare in quel modo la pace, ma questi rifiutarono di arretrare di un passo dalle loro posizioni; alla fine Hitler dovette rinunciare alla campagna di bombardamenti conosciuta come battaglia d’Inghilterra per dedicarsi alla lungamente pianificata invasione dell’Unione Sovietica: l’operazione Barbarossa.

L’operazione Barbarossa avrebbe dovuto iniziare prima di quando partì in realtà, ma i fallimenti militari italiani in Nordafrica e nei Balcani avevano preoccupato Hitler. Nel febbraio 1941 l’Afrika Korps tedesco venne inviato in Libia per aiutare gli italiani e tenere impegnate le forze del Commonwealth britannico schierate in Egitto che era tenuto dagli inglesi. Con il prosieguo della campagna del Nordafrica, a dispetto degli ordini che volevano si rimanesse sulla difensiva, l’Afrika Korps riconquistò i territori persi dagli italiani, respingendo i britannici nel deserto e avanzando verso l’Egitto. In aprile i tedeschi invasero la Jugoslavia, che qualche giorno prima si era alleata con la Gran Bretagna. Il Paese crollò rapidamente sotto i colpi della macchina da guerra tedesca e fu costretto alla capitolazione. Il Paese fu poi smembrato: la Slovenia e la Serbia furono annesse alla Germania, Croazia e Bosnia ed Erzegovina furono unite nello Stato Indipendente di Croazia (Stato fantoccio nelle mani dei tedeschi), il Montenegro passò all’Italia e la Macedonia alla Bulgaria. Seguirono poi l’invasione della Grecia (che capitolò dopo poche settimane), fatta ancora una volta per salvare gli italiani (che cercavano da mesi di conquistare il Paese balcanico senza riuscirci) e la battaglia di Creta (occupata con un aviosbarco). A causa delle distrazioni in Africa e nei Balcani i tedeschi non riuscirono a lanciare l’operazione Barbarossa fino alla fine di giugno. Uomini e materiali furono inoltre destinati ad altro impiego per creare l’Europa fortificata che Hitler voleva prima di rivolgere la propria attenzione a est.

La Germania e i suoi alleati invasero l’Unione Sovietica il 22 giugno 1941. Alla vigilia dell’invasione l’ex delfino di Hitler Rudolf Hess tentò di negoziare i termini di una pace con il Regno Unito con un incontro privato e non ufficiale dopo un atterraggio di fortuna in Scozia. Al contrario Hitler sperava che un rapido successo in Unione Sovietica avrebbe spinto la Gran Bretagna ad accettare un tavolo di negoziati. L’inizio dell’operazione Barbarossa fu comunque un successo; il solo timore di Hitler era che l’esercito tedesco e i suoi alleati non avanzassero all’interno dell’Unione Sovietica abbastanza in fretta. Entro il dicembre 1941 i tedeschi e gli alleati raggiunsero le porte di Mosca; a nord le truppe avevano raggiunto Leningrado e avevano circondato la città. Nel frattempo la Germania e i suoi alleati controllavano ormai quasi tutta l’Europa continentale, con le eccezioni della neutrale Svizzera e di Svezia, Spagna, Portogallo, Liechtenstein, Andorra, Città del Vaticano e Principato di Monaco e del Regno Unito, che ancora resisteva.

L’11 dicembre 1941, quattro giorni dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, la Germania nazista e l’Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti. Questo non era solo un modo di rafforzare il legame con il Giappone, ma dopo mesi di roboante propaganda antitedesca sui media americani e la messa in atto del programma di aiuti al Regno Unito denominato Lend-Lease le indiscrezioni sul piano Rainbow Five e i contenuti del discorso di Franklin Delano Roosevelt riguardo a Pearl Harbor avevano fatto comprendere a Hitler che gli Stati Uniti non sarebbero rimasti neutrali. La politica tedesca di “accomodamento” verso gli Stati Uniti, che tendeva a mantenerli fuori dalla guerra, rappresentava inoltre un peso per lo sforzo bellico tedesco. La Germania aveva fino ad allora evitato di attaccare i convogli navali statunitensi, anche quando portavano aiuti alla Gran Bretagna o all’Unione Sovietica. Al contrario, dopo la dichiarazione di guerra, la marina tedesca iniziò una guerra sottomarina indiscriminata, servendosi degli U-Boot per attaccare le navi senza preavviso. L’obiettivo della marina tedesca, la Kriegsmarine, era di interrompere la linea di rifornimenti della Gran Bretagna.

In tali circostanze ebbe luogo una delle più famose battaglie navali della storia, quando la nave da battaglia tedesca Bismarck, la più grande e potente nave da guerra della Germania, tentò di raggiungere l’Atlantico e prendere d’assalto le navi con i rifornimenti dirette in Gran Bretagna. La Bismarck venne affondata, ma non prima di aver a sua volta mandato a fondo la più grande nave da guerra britannica, l’incrociatore HMS Hood. Gli U-Boot tedeschi ebbero maggior successo rispetto alle unità di superficie come la Bismarck. Tuttavia la Germania non riuscì a fare della produzione di sommergibili una priorità strategica e, quando lo fece, i britannici e i loro alleati avevano sviluppato tecnologie e strategie per neutralizzarli. Inoltre, a dispetto dei primi successi dei sommergibili del 1941 e 1942, la carenza di materiali in Gran Bretagna non raggiunse mai i livelli della prima guerra mondiale. La vittoria degli Alleati nella battaglia dell’Atlantico fu comunque ottenuta a caro prezzo: tra il 1939 e il 1945 furono affondate 3 500 imbarcazioni alleate (per un tonnellaggio complessivo di 14,5 milioni) a fronte di 783 U-Boot tedeschi.

LE PERSECUZIONI E LE CAMPAGNE SI STERMINIO

La persecuzione delle minoranze razziali, etniche e sociali e degli “indesiderabili” furono una costante sia in Germania sia nei territori occupati. A partire dal 1941 gli ebrei furono costretti a portare un distintivo giallo quando si trovavano in pubblico; la maggioranza di essi fu costretta a vivere in ghetti murati, dove rimasero isolati dal resto della popolazione. Nel gennaio 1942 la conferenza di Wannsee guidata da Reinhard Heydrich (diretto subordinato del capo delle SS Heinrich Himmler), stese i piani per la “soluzione finale della questione ebraica” (Endlösung der Judenfrage). A partire da allora e fino alla fine della guerra vennero sistematicamente uccisi più di sei milioni di ebrei, nonché milioni di omosessuali, zingari, testimoni di Geova, slavi, prigionieri politici e appartenenti ad altre minoranze. Più di dieci milioni di persone vennero inoltre costrette ai lavori forzati. Quotidianamente migliaia di persone venivano inviate nei campi di sterminio e nei campi di concentramento. Questo genocidio è noto come Olocausto in italiano e Shoah in ebraico.

Parallelamente all’Olocausto i nazisti misero in atto il Generalplan Ost (“piano generale per l’est”) che prevedeva la conquista, la pulizia etnica e lo sfruttamento delle popolazioni degli annessi territori dell’Unione Sovietica e della Polonia; furono così uccisi circa venti milioni di civili sovietici, tre milioni di polacchi e sette milioni di soldati dell’Armata Rossa. La guerra d’aggressione nazista per lo spazio vitale nell’Europa dell’est venne intrapresa per “difendere la civiltà occidentale dal bolscevismo dei sub-umani”. Stime indicano che, se i nazisti avessero vinto la guerra, avrebbero deportato circa cinquantuno milioni di slavi dall’Europa centrale e orientale.

A causa delle atrocità subite sotto il regime di Stalin molti ucraini, baltici e altri appartenenti ad etnie oppresse combatterono al fianco dei nazisti. Gli abitanti delle regioni sovietiche occupate dai nazisti giudicati di razza ariana o che non avevano diretti antenati ebrei non vennero perseguitati e anzi spesso vennero reclutati nelle divisioni delle Waffen Schutzstaffel; in ultima analisi, il regime intendeva “germanizzare” tutto il volk giudicato razzialmente accettabile dell’Europa orientale occupata.

LA VITTORIA DEGLI ALLEATI

All’inizio del 1942 l’Armata Rossa passò al contrattacco e, prima della fine dell’inverno, la Wehrmacht fu costretta ad allontanarsi dai dintorni di Mosca. I tedeschi e i loro alleati fascisti avevano comunque ancora un fronte molto saldo e, in primavera, lanciarono un grosso attacco contro i campi petroliferi del Caucaso zona del Volga nel sud della Russia. Si crearono così le condizioni per un confronto definitivo tra nazisti e sovietici, la battaglia di Stalingrado (17 luglio 1942-2 febbraio 1943), al termine della quale la Germania e gli alleati furono sconfitti. Vinta anche una grande battaglia tra carri armati a Kursk-Orel nel luglio 1943, l’Armata Rossa avanzò verso ovest, in direzione della Germania; da quel momento in poi la Wehrmacht e i suoi alleati rimasero sulla difensiva.

Nel 1942 la Germania occupò, senza incontrare resistenza, la Francia di Vichy e Andorra. Dopo questo fatto la Francia di Vichy diventò a tutti gli effetti uno Stato fantoccio, mentre ad Andorra fu installata una base della Wehrmacht. Nel frattempo sui fronti le cose non accennavano a migliorare: in Libia l’Afrika Korps non riuscì a spezzare il fronte alleato nella prima battaglia di El Alamein (1–27 luglio 1942), anche per le ripercussioni logistiche e morali della sconfitta di Stalingrado. A partire dai primi mesi del 1942 i bombardamenti alleati sulla Germania aumentarono d’intensità causando la distruzione, tra le altre, di città come Colonia e Dresda, la morte di migliaia di civili e costringendo i sopravvissuti a patire gravi sofferenze. Stime contemporanee riguardo alle perdite umane dell’esercito tedesco parlano di 5,5 milioni di morti.

Nel novembre 1942 la Wehrmacht e l’esercito italiano si ritirarono in Tunisia, dove lottarono contro statunitensi e britannici nella campagna di Tunisia (17 novembre 1942-13 maggio 1943), che si concluse con il ritiro delle truppe italo-tedesche dalla Tunisia. Gli Alleati invasero la Sicilia e quindi l’Italia: l’8 settembre 1943 l’Italia firmò un armistizio con gli Alleati. In risposta i tedeschi invasero l’Italia, occupandone nord e centro. Il Paese fu diviso in due: nel centro-nord nacque la Repubblica Sociale Italiana (Stato fantoccio nelle mani della Germania) mentre al sud, nelle zone controllate dagli Alleati, sopravviveva il Regno d’Italia, che dichiarò guerra alla Germania. Gli Alleati e l’esercito regio italiano continuarono a riconquistare il Paese, ma incontrarono una fiera resistenza, in particolare ad Anzio (22 gennaio 1944- 5 giugno 1944) e Cassino (17 gennaio 1944-18 maggio 1944); la campagna continuò fin quasi al termine della guerra. Nel giugno 1944 le forze statunitensi e britanniche crearono un fronte occidentale con lo sbarco in Normandia (6 giugno 1944). Dopo la positiva operazione Bagration (22 giugno-19 agosto 1944) l’Armata Rossa conquistò la Polonia; le popolazioni della Prussia Orientale e Occidentale e della Slesia fuggirono in massa temendo persecuzioni e violenze da parte dei comunisti.

Nel frattempo nel sotterraneo Führerbunker Adolf Hitler rimase psicologicamente isolato e tagliato fuori, iniziando a mostrare segni di squilibrio mentale; incontrando i vertici militari iniziò a valutare l’ipotesi del suicidio se la Germania avesse perso la guerra. Poco dopo l’Armata Rossa circondò Berlino, tagliandone le comunicazioni con il resto della Germania; nonostante la perdita di eserciti e territori Hitler non abbandonò il potere né si arrese. In assenza di comunicazioni da Berlino Hermann Göring mandò a Hitler un ultimatum, minacciando di assumere il comando della Germania nazista nel mese di aprile se non avesse ricevuto risposta, fatto che avrebbe interpretato come la dimostrata incapacità di Hitler a governare. Dopo aver ricevuto l’ultimatum Hitler ordinò l’immediato arresto di Göring e inviò un aereo che portasse la sua risposta a Göring stesso in Baviera. In seguito, nel nord della Germania, il Reichsführer-SS Heinrich Himmler prese contatto con gli Alleati per negoziare la pace: anche in questo caso la reazione di Hitler fu violenta e ordinò l’arresto e la messa a morte di Himmler.

Nella primavera del 1945 l’Armata Rossa entrò a Berlino; le forze statunitensi e britanniche avevano conquistato la maggior parte della Germania occidentale e incontrarono i sovietici a Torgau, sul fiume Elba il 26 aprile 1945. Con Berlino sotto assedio, Hitler e i comandanti nazisti rimasero asserragliati nel Führerbunker mentre in superficie, nella battaglia di Berlino (16 aprile 1945-2 maggio 1945), l’Armata Rossa affrontava quello che restava dell’esercito tedesco, la Hitler-Jugend (la Gioventù hitleriana) e le Waffen-SS, per prendere il controllo della capitale ormai in rovina.

CAPITOLAZIONE DELLE FORZE TEDESCHE

Il 30 aprile 1945, mentre la battaglia di Berlino raggiungeva il culmine e la città veniva presa dalle forze sovietiche, Hitler si suicidò all’interno del bunker. Due giorni dopo, il 2 maggio 1945, il generale tedesco Helmuth Weidling consegnò Berlino senza condizioni al generale sovietico Vasilij Ivanovič Čujkov. Il posto di Hitler venne preso dal grande ammiraglio Karl Dönitz come presidente del Reich e da Joseph Goebbels in qualità di cancelliere. Nessuno diventò Führer al suo posto, in quanto Hitler aveva abolito la carica nel proprio testamento. Goebbels tuttavia si suicidò a sua volta nel bunker un giorno dopo aver assunto la carica. Il governo di emergenza di Dönitz si stabilì nelle vicinanze del confine danese e tentò senza successo di negoziare una pace separata con gli alleati occidentali. Tra il 4 e l’8 maggio la maggior parte delle rimanenti forze armate tedesche sparse per l’Europa si arrese senza condizioni: era la fine della seconda guerra mondiale in Europa. Alla fine delle ostilità, a non essere occupata dagli Alleati era rimasta solo una striscia di territorio che andava dall’Alto Adige alla Boemia e alla Baviera orientale (oltre ad alcune zone isolate in Francia, in Italia, nei Paesi Bassi e in Scandinavia). Francia, Unione Sovietica, Regno Unito e Stati Uniti procedettero quindi a fissare delle zone di occupazione.

La guerra era stata la più grande e distruttiva della storia dell’umanità e aveva causato sessanta milioni di morti, inclusi i milioni di persone perite durante l’Olocausto.  La sola Unione Sovietica aveva perso nel corso della guerra circa venti milioni di persone.  Verso la fine della guerra l’Europa contava più di quaranta milioni di profughi.

Il 5 luglio 1945, con la creazione del Consiglio di controllo alleato, le quattro potenze alleate presero il “potere supremo per quanto riguarda la Germania”

LA CADUTA DEL TERZO REICH

Nell’agosto 1945 con la conferenza di Potsdam vennero stretti accordi e tratteggiata una linea per la creazione di un nuovo governo della Germania del periodo post-bellico, oltre che per i risarcimenti di guerra e per il riassetto del Paese. Tutte le annessioni di territorio tedesche in Europa avvenute dopo il 1937, come quella dei Sudeti, vennero annullate; il confine orientale della Germania venne inoltre spostato verso ovest fino alla linea Oder-Neiße. I territori a est del nuovo confine come la Prussia Occidentale, parte della Prussia Orientale, la Slesia, due terzi della Pomerania e parte del Brandeburgo passarono alla Polonia, mentre parte della Prussia Orientale passò all’Unione Sovietica. La maggior parte di queste erano zone agricole, con l’eccezione della Slesia superiore che era il secondo centro tedesco come importanza per l’industria pesante. Molte città, sia grandi sia piccole, come Stettino, Königsberg, Breslavia, Elbląg e Danzica vennero svuotate della loro popolazione tedesca e tolte a loro volta dal controllo della Germania.

La Francia assunse il controllo di gran parte delle rimanenti fonti di carbone tedesche. Praticamente tutti i tedeschi che vivevano in Europa centrale al di fuori dei nuovi confini orientali di Germania e Austria, vennero nel giro di qualche anno espulsi, problema che riguardò circa diciassette milioni di persone. Stime calcolano che tali espulsioni finirono per provocare tra uno e due ulteriori milioni di morti. Le zone occupate da Francia, Regno Unito e Stati Uniti in seguito diventarono la Repubblica Federale Tedesca (Germania Ovest), mentre la zona controllata dai sovietici diventò la Repubblica Democratica Tedesca (Germania Est), con l’eccezione del settore occidentale della città di Berlino.

L’iniziale politica di occupazione repressiva degli Alleati occidentali venne radicalmente cambiata dopo pochi anni, quando la guerra fredda rese i tedeschi degli alleati importanti contro il comunismo. Entro gli anni sessanta la Germania occidentale si era già ripresa economicamente, producendosi in quello che venne chiamato Wirtschaftswunder (“miracolo economico”), principalmente grazie alla riforma monetaria del 1948 che sostituì il Reichsmark con il marco tedesco come valuta legale, arrestando l’inflazione galoppante, ma anche – in misura minore – all’aiuto economico sotto forma di prestiti fornito dal piano Marshall, la cui influenza venne ampliata fino a comprendere la Germania occidentale. Il recupero della Germania occidentale venne inoltre sostenuto dalle politiche fiscali e da un grande sforzo da parte dei lavoratori, che finì anche per generare il fenomeno dei Gastarbeiter.

La politica di smantellamento delle industrie tedesche da parte degli Alleati finì nel 1951 e nel 1952 la Germania aderì alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio. Nel 1955 l’occupazione militare della Germania occidentale finì ufficialmente. Sotto il comunismo la Germania orientale si riprese a ritmo più ridotto fino al 1990, a causa dei risarcimenti pagati all’Unione Sovietica e degli effetti negativi dell’economia centralizzata pianificata. La Germania riguadagnò la piena sovranità dall’Unione Sovietica nel 1991.

Dopo la guerra i capi nazisti sopravvissuti vennero processati da un tribunale alleato a Norimberga per crimini contro l’umanità. Una minoranza venne condannata a morte e giustiziata, mentre altri vennero incarcerati e poi rilasciati verso la metà degli anni cinquanta sia per le loro condizioni di salute sia per l’età ormai avanzata, con la sola notevole eccezione di Rudolf Hess, che morì nel carcere di Spandau, dove si trovava in stato di isolamento permanente, nel 1987. Negli anni sessanta, settanta e ottanta in Germania occidentale vennero fatti altri tentativi di portare coloro che erano direttamente responsabili di “crimini contro l’umanità” davanti a un giudice. Tuttavia molti dei funzionari nazisti non di primo piano continuarono a rimanere in libertà.

Gli Alleati misero fuori legge il NSDAP, le sue organizzazioni secondarie e affiliate e la maggior parte dei suoi simboli ed emblemi (tra cui la svastica) sia in Germania sia in Austria; il divieto è tuttora in vigore. La fine del Terzo Reich vide inoltre il tramonto di correlate espressioni di esplicito nazionalismo, come il pangermanismo e il movimento völkisch, che prima della seconda guerra mondiale erano state ideologie diffuse e importanti della scena politica tedesca ed europea. Fedeli alle suddette ideologie rimasero solo piccole frange minoritarie.

COMPOSIZIONE DEL GOVERNO NAZISTA