Processo Eichmann

Il processo Eichmann del 1961, a quindici anni da quello di Norimberga, fu il primo processo a un criminale nazista tenutosi in Israele. L’arrivo di Eichmann in Israele fu accolto da una fortissima ondata di esultanza mista a odio verso quello che si era impresso nell’immaginario dei sopravvissuti ai lager come uno dei maggiori responsabili della sorte degli Ebrei. Tuttavia Eichmann offrì di sé stesso un’immagine poco appariscente, quasi sommessa, ben diversa da quella di inflessibile esecutore degli ordini del Führer; negò di odiare gli ebrei e riconobbe soltanto la responsabilità di avere eseguito ordini come qualunque soldato avrebbe dovuto fare durante una guerra. Hannah Arendt lo descrisse, con una frase poi passata alla storia, come l’incarnazione dell’assoluta banalità del male.
La linea difensiva fu impostata nel dipingere l’imputato Eichmann quale impotente burocrate, mero esecutore di ordini inappellabili, negando quindi ogni diretta responsabilità; egli d’altro canto non mostrò nessun segno di sincero rimorso e di critica verso l’ideologia razzista del terzo Reich e le sue concrete e criminali applicazioni. Per giunta talvolta trasparì nel suo atteggiamento un certo disprezzo e sufficienza verso i numerosi sopravvissuti chiamati a deporre contro la cui testimonianza condusse il giudice militare a pronunciare la definitiva sentenza di morte per aver spietatamente perseguito lo sterminio degli ebrei.
Prima dell’esecuzione furono presentate diverse richieste di grazia (in prima persona da Eichmann, dalla moglie e da alcuni parenti di Linz) tutte respinte dall’allora presidente d’Israele, Yitzhak Ben-Zvi.
Adolf Eichmann fu impiccato in una prigione a Ramla pochi minuti prima della mezzanotte di giovedì 31 maggio 1962.
Questa è rimasta l’unica esecuzione capitale di un civile eseguita in Israele, che ha una politica generale di non impiego della pena di morte.
Pare che Eichmann rifiutò l’ultimo pasto preferendo invece una bottiglia di Carmel, vino rosso secco israeliano. Ne consumò mezza bottiglia.
Come da prassi, furono due le persone che tirarono contemporaneamente le leve della corda, affinché nessuno sapesse con certezza per quale mano il condannato era morto.
Esiste una disputa sulle ultime parole pronunciate da Eichmann. Secondo una versione furono «Lunga vita alla Germania. Lunga vita all’Austria. Lunga vita all’Argentina. Questi sono i paesi con i quali sono stato associato e io non li dimenticherò mai. Io dovevo rispettare le regole della guerra e la mia bandiera. Sono pronto». Secondo un’altra versione avrebbe detto ai carcerieri: «Ci rivedremo presto». Secondo una terza variante Eichmann si sarebbe invece rivolto, poco prima, a una guardia, l’ufficiale del Mossad e in seguito uomo politico Rafi Eitan, dicendo: «Spero che tutti voi mi seguiate presto».
Come da verdetto il cadavere fu cremato e le sue ceneri vennero caricate su una motovedetta della marina israeliana e disperse nel Mar Mediterraneo al di fuori delle acque territoriali israeliane. Il secchio che le trasportò venne molto accuratamente risciacquato con acqua di mare perché niente di lui ritornasse a terra. Dopo quasi cinquant’anni, il racconto degli ultimi mesi e dell’esecuzione è stato fatto da uno dei suoi due boia, Shalom Nagar, una guardia israeliana d’origine yemenita oggi titolare di una macelleria kosher che ha accettato di raccontarsi nel film-documentario The Hangman.