Validità del Processo

Il metodo con il quale si è sviluppato il processo, nonché la scelta stessa degli uomini chiamati a giudicare i crimini di guerra, è stato messo in dubbio in più occasioni da alcune importanti personalità. Tra questi vi era il giurista Hans Kelsen il quale, favorevole comunque allo svolgimento di un processo per punire i crimini nazisti, sollevò perplessità in ordine alla composizione della Corte.

Seppur con minore risonanza, anche durante lo svolgimento del processo si alzarono voci contrarie alla legittimità dello stesso: l’avvocato difensore di Göring, Otto Stahmer, invocò il principio del diritto romano Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali, il quale non ammette l’emanazione di leggi retroattive, contestando inoltre il diritto ai vincitori di processare i vinti. L’obiezione fu respinta, poiché i giudici considerarono i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e i crimini contro la pace come violazione di leggi internazionali già esistenti (Convenzioni dell’Aia, Convenzioni di Ginevra e Patto Briand-Kellogg). Venne obiettato che alcuni di questi trattati non vincolavano le Potenze dell’Asse perché costoro non li avevano ratificati. Tale obiezione venne respinta, asserendo che se una convenzione internazionale viene ratificata da un dato numero di Stati per un periodo di tempo ragionevolmente lungo, detta convenzione può considerarsi come vincolante per ogni nazione, e non solo per coloro che l’hanno ratificata. Tale formula divide ancora oggi sostenitori e critici.

Ancora, il Giudice Capo della Corte Suprema degli Stati Uniti Harlan Fiske Stone definì il processo “una frode”, asserendo che il rappresentante statunitense della Pubblica Accusa, Robert Houghwout Jackson, non stava effettivamente procedendo secondo i dettami della legge.

A danneggiare ancora la credibilità del processo fu il fatto che il principale giudice sovietico, Iola Nikitchenko, aveva preso parte anni prima ai processi sommari delle Grandi purghe. Uno dei capi d’accusa riguardava la firma del Patto Molotov-Ribbentrop, giudicato come un progetto di guerra aggressiva, ma l’Unione Sovietica non venne processata al pari della Germania per l’adesione al patto. Inoltre, i processi vennero condotti in base a delle proprie regole di prova; gli atti d’accusa vennero creati ex post facto e non erano basati sulle leggi di nessuna nazione, la difesa tu quoque venne eliminata, e la motivazione dell’intera assemblea fu la “giustizia dei vincitori”.