Monowitz

Il campo di lavoro di Monowitz fu uno dei tre campi principali che formavano il complesso concentrazionario situato nelle vicinanze di Auschwitz, (in polacco Oświęcim), in Polonia. Facevano parte del complesso anche il campo di concentramento di Auschwitz, situato ad Auschwitz (in polacco Oświęcim), il campo di sterminio di Birkenau, situato a Birkenau, (in polacco Brzezinka) ed i restanti 45 sottocampi costruiti durante l’occupazione nazista della Polonia. Esso fu fondato nell’ottobre 1942 vicino alla piccola frazione di Monowice (in lingua tedesca Monowitz) in Polonia, nei pressi dell’impianto per la produzione di gomma sintetica Buna-Werke di proprietà della I.G. Farben, per l’impiego dei deportati schiavi nei lavori di costruzione dell’allora più grande stabilimento chimico d’Europa. La Buna fu il più colossale affare delle SS. Questa fabbrica però, costata migliaia di morti non entrò mai in produzione.

Il campo, situato a circa 7 chilometri da Auschwitz, fu operativo dal 31 ottobre 1942 e liberato dall’Armata Rossa il 27 gennaio 1945. Vi transitarono circa 35.000 internati, tra cui Primo Levi ed Elie Wiesel.

Oggi l’ex complesso industriale della Buna Werke è diviso in due proprietà di due società polacche: la Chemoservos-Dwory SA, che produce strutture metalliche da costruzione, cisterne e serbatoi, ecc., e Synthos Dwory Sp., una filiale del Gruppo Synthos SA che produce gomma sintetica, lattice e polistirolo ed altri prodotti chimici; entrambe con sede a Oświęcim. A differenza del complesso di Buna Werke, non ci sono più strutture o resti visibili del campo di Monowitz.

Il 7 aprile 1941, un migliaio di deportati di Auschwitz, fu inviato a piedi in una zona a 6-7 chilometri di distanza dal lager, per iniziare i lavori per la costruzione di una nuova grande fabbrica chimica denominata Buna Werke. I detenuti cominciarono a livellare il terreno, a scavare fossati di drenaggio, posare cavi e a costruire strade. La sera i prigionieri tornavano a piedi al campo madre dopo una massacrante giornata di lavoro.

Il campo di concentramento di Monowitz (chiamato anche Buna-Monowitz o inizialmente sottocampo Auschwitz III), adiacente ai cantieri della Buna Werke, venne aperto successivamente il 31 ottobre del 1942, un anno e sette mesi dopo l’inizio di tali lavori, su iniziativa della compagnia chimica multinazionale tedesca IG Farben, la stessa impegnata nell’erezione di questo colossale impianto per la produzione di gomma sintetica e di combustibili liquidi attraverso il carbone.

La Buna Werke, in origine, doveva essere eretta in Slesia, fuori della portata dei bombardieri alleati. In seguito però, tra i siti proposti tra il dicembre 1940 e il gennaio 1942, la locazione scelta fu il terreno pianeggiante nella parte orientale di Auschwitz, ottenuto sgombrando e demolendo i villaggi di Dwory e Monowice.

La scelta fu motivata dalle buone condizioni geologiche del posto, il vicino accesso a grandi vie di trasporto, sia ferroviario che stradale, l’abbondante possibilità di approvvigionamento idrico, l’importante disponibilità della materia prima, quale il carbone, dalle miniere in Libiąż, Jawiszowice e Jaworzno, del calcare da Krzeszowice, e il sale di Wieliczka. Tuttavia la ragione principale per la costruzione del complesso industriale Buna Werke in quel sito era la presenza dell’enorme forza-lavoro schiava dei vicini campi di Auschwitz e Birkenau.

Tra il febbraio e l’aprile 1941, la IG Farben, dopo vari negoziati, aveva raggiunto una serie di assai vantaggiosi accordi con i nazisti; ciò consentiva alla Farben di risparmiare grandi capitali, consentendole di poter affrontare investimenti per la costruzione della più grande fabbrica chimica dell’Europa d’allora. La società acquistò il terreno dal Ministero del Tesoro tedesco per un prezzo basso, dopo che era stato espropriato ai proprietari polacchi del posto, senza alcun indennizzo.

Le autorità tedesche requisirono tutte le case degli Ebrei di Auschwitz e le vendettero alla IG Farben come alloggio per i dipendenti della società venuti dalla Germania ed anche per alcuni polacchi locali.

I funzionari della IG Farben stipularono una tariffa con le autorità SS, di pagare per ogni prigioniero inviato un prezzo di 3-4 Reichsmark al giorno, per la manodopera necessaria di lavoratori ausiliari e di 6 RM per quella dei qualificati e inoltre di 1,5 RM per i bambini.

La Farben chiedeva inoltre di effettuare anche costanti selezioni al Campo e in fabbrica per eliminare subito tutti i deportati che man mano divenivano inabili al lavoro, al fine di non abbassare il livello produttivo.

La maggior parte degli internati a Monowitz erano Ebrei; nell’autunno 1943 costituivano il 60-75% della popolazione carceraria del lager; all’inizio del 1944 arrivarono al 90%. Questo dimostra appieno l’aperta partecipazione della IG Farben al processo di sterminio.

I primi lavoratori prigionieri del KL Auschwitz, inviati dall’aprile 1941, dovevano camminare a piedi, come già detto, 6–7 km dal campo in andata e ritorno, oltre al lavoro in fabbrica. Alla fine del luglio successivo, al migliaio di lavoratori presenti fu fatto prendere il treno alla stazione di Dwory per non disperdere energie e risorse umane.

Ciò andò avanti fino al 21 luglio 1942, quando una epidemia di tifo nel campo principale e a Birkenau fermò i viaggi di lavoro. Preoccupata per questa ed altre future perdite della manovalanza, la IG Farben decise di trasformare il vicino campo di baracche in costruzione a Monowice per i civili e le SS, in un nuovo campo di concentramento solo per prigionieri, in modo da avere la forza lavoro nell’immediato ed evitare il rischio di future epidemie, qui più improbabili.

A causa dei ritardi nella fornitura di filo spinato ci furono diversi rinvii dell’apertura del campo. I primi deportati stabili arrivarono il 26 ottobre 1942 e il 31 il lager venne aperto; dopo pochi giorni, all’inizio di novembre, si contarono già nel campo di Monowitz, circa 2100 prigionieri, provenienti dai campi di concentramento di Buchenwald, Sachsenhausen e Dachau, oltre che dai Paesi Bassi.

Alla fine del 1942 il campo abitato era arrivato solo a metà del suo progetto stabilito. L’espansione del Campo continuò fino all’estate del 1943, le ultime 4 baracche furono costruite alla fine del primo semestre del 1944.

La popolazione del campo di sterminio arrivò dai 3.500 individui nel dicembre del 1942 a oltre 6.000 entro la prima metà del 1943.

Il sistema aveva raggiunto dimensioni e complessità tali, che fu ritenuto opportuno smembrarlo; e allora nel novembre del 1943, le autorità SS decisero che i lager di Auschwitz II (Birkenau) e Auschwitz III (Monowitz) sarebbero diventati indipendenti dal Campo-madre (Stammlager) di Auschwitz. Monowitz divenne a sua volta “Stammlager”, al quale furono messi alle sue dipendenze ben 16 dei 45 sottocampi di Auschwitz I. Questi 16 sottocampi fornivano a loro volta manodopera schiava ad altre sei società tedesche, tra cui la Krupp, la Union, la Siemens-Schucket, le Hermann Göring Werke, oltre la IG Farben di Monowitz. Essi, escluso il sottocampo di Brünn (Brno) in Moravia, furono accorpati alle aziende secondo l’elenco seguente:

1a Azienda – Monowitz,

2a Azienda – Golleschau, Jawischowitz,

3a Azienda – Bobrek, Fürstengrube, Günthergrube, Janinagrube,

4a Azienda – Neu-Dachs,

5a Azienda – Eintrachthütte, Lagischa, Laurahütte, Sosnowitz II,

6a Azienda – Gleiwitz I, II e III,

7a Azienda – Blechhammer.

L’Hauptsturmführer SS (Capitano), Heinrich Schwarz, venne nominato comandante del Campo autonomo di Monowitz; a lui rispondevano anche i sottocampi satelliti. Egli rimase in carica dal novembre 1943 al gennaio 1945.

Nel luglio del 1944 la popolazione del lager era di oltre 11.000 prigionieri, la maggior parte dei quali erano ebrei. Nonostante il crescente tasso di mortalità per lavoro degli schiavi, la fame, le esecuzioni e altre forme di omicidi, la IG Farben insistette per la rimozione di altri eventuali prigionieri giudicati malati ed esausti da Monowitz; le persone allora, selezionate come incapaci di continuare il lavoro furono assassinate.

Il 10 febbraio 1943 l’SS-Obersturmbannführer Gerhard Maurer, responsabile per l’occupazione lavorativa dei campi di concentramento, era venuto ad Oświęcim per pattuire con la IG Farben l’invio di un altro migliaio di prigionieri, in sostituzione degli operai eliminati, iniziando anche con questa fabbrica, il sistema dei rimpiazzi dei detenuti selezionati come non più sfruttabili, con nuovi prigionieri.

Più di 10.000 prigionieri furono vittime delle selezioni nel periodo in cui funzionò il Campo di Monowitz. Portate nell’ospedale del campo principale di Auschwitz, furono uccise da una iniezione letale di fenolo al cuore. Gran parte delle vittime furono inviate a Birkenau dove nella maggioranza dei casi assassinate nelle camere a gas. Più di 1.600 altri prigionieri morirono nell’ospedale a Monowice e molti sono stati trucidati in cantiere o impiccati al campo. Sommando tutte le cifre, il numero totale stimato delle vittime di Monowitz-Auschwitz III è di oltre 10.000 prigionieri, che persero la vita a causa del lavoro per la IG Farben.

Nel gennaio del 1945, la maggior parte dei prigionieri furono evacuati e inviati alla marcia della morte di Gleiwitz (Gliwice), un sottocampo vicino al confine ceco. I superstiti furono poi portati in treno verso i campi di Buchenwald e Mauthausen.

Tra i prigionieri eminenti del campo di Monowitz vanno ricordati il Nobel per la Pace Elie Wiesel, il celebre scrittore italiano Primo Levi, l’ex internato Pio Bigo che scrisse “Il triangolo di Gliwice” sulla sua esperienza, il grande scenografo cinematografico Willy Holt, l’ex deportato politico italiano Cesare Sacchi insignito della Medaglia D’onore di Castelnuovo Scrivia (AL).

Gli alleati bombardarono le fabbriche IG Farben a Monowitz per quattro volte durante la guerra.

Il primo raid fu condotto il 20 agosto 1944 con 127 aerei B-17, Fortezze volanti del 15° US Army Air Force, partiti da Foggia in Italia. Il bombardamento iniziò alle 22:32 e durò circa 28 minuti con bombe ad alto esplosivo.

Il 13 settembre, sempre del 1944, gli alleati, con 96 aerei B-24 Liberator, bombardarono Monowitz per 13 minuti. Il terzo attacco avvenne il 18 dicembre 1944 da 2 aerei B-17 e 47 B-24. Il quarto e ultimo attacco fu il 26 dicembre 1944 da 95 aerei B-24.

Il campo di Monowitz nacque a circa 7 chilometri a est dal campo principale Auschwitz allo scopo di avvicinare, come già detto, manodopera schiava per il grande impianto chimico Buna Werke, allora in costruzione, evitando lunghe marce tra il campo principale e il sito in costruzione e aumentando così la produttività. La Buna Werke, proprietà della IG Farben, era un complesso destinato alla produzione su vasta scala di gomma sintetica (Buna, dal quale il nome del complesso), benzina sintetica e altri sottoprodotti del carbone.

La IG Farben aveva investito nella fabbrica ben 700.000 Reichsmark, l’equivalente di oggi di un milione e mezzo di dollari; ciò fu reso possibile con gli accordi con i nazisti che limitavano le spese di acquisto di immobili e riducevano di molto il costo della manodopera a importi mensili risibili rispetto ai normali stipendi. I nazisti offrivano a poco prezzo case e terreni requisiti e migliaia e migliaia di lavoratori schiavi prigionieri, dei quali non era necessario preoccuparsi più di tanto in spese mediche, alloggiative, alimentari o tantomeno contributive. Non ci si preoccupava neanche di chiamarli con il loro nome ma semplicemente “stücke”, “pezzi”, pezzi marchiati ciascuno con il proprio numero di riconoscimento. Quando un “pezzo” si rompeva veniva subito sostituito dalla “gestione” SS.

Nonostante gli sforzi disumani che costarono la morte di circa 10.000 deportati (secondo alcuni i morti di Monowitz furono ben 25.000), impiegati su un totale di 35.000, l’impianto Buna Werke non arrivò mai, come detto da Primo Levi, ad un solo chilo di gomma prodotta. Era la più grande fabbrica chimica in costruzione all’epoca.

Il famoso libro Se questo è un uomo di Primo Levi, deportato italiano di religione ebraica, descrive le tragiche condizioni di vita degli internati a Monowitz. Lo stesso Levi dovette probabilmente la propria salvezza alla laurea in chimica che gli permise di essere assunto in qualità di “specialista” all’interno del complesso riuscendo ad evitare periodicamente le indescrivibili condizioni (acuite dal rigido inverno polacco) in cui erano le squadre di lavoro del lager.

La mortalità nel campo era altissima. Si può ragionevolmente dedurre che il motivo del tasso di morte così elevato nel campo Monowice fu perché i dirigenti della fabbrica imposero ritmi di lavoro pesantissimi. Ai capireparto, kapòs, SS, era costantemente richiesto di ottenere una maggiore produttività dai prigionieri, battendoli. La IG Farben era fermamente convinta che dai prigionieri si potesse ottenere di più e che la loro condizione di detenuti li portasse ad essere sabotatori e lavativi, visto il loro scarso rendimento. Nei rapporti inviati da Monowitz alla sede centrale della IG Farben a Francoforte sul Meno, Max Faust, un ingegnere responsabile della costruzione affermò in questi rapporti che l’unico modo per mantenere la produttività del lavoro dei detenuti a un livello soddisfacente è attraverso l’uso della violenza e punizioni corporali. Pur dichiarando la propria opposizione a “frustare e maltrattare i prigionieri a morte,” Faust tuttavia aggiunse che “il raggiungimento della produttività appropriato è fuori questione, senza il bastone.”

Anche essendo picchiati ferocemente, i prigionieri continuavano a lavorare più lentamente degli operai tedeschi. Questa fu una fonte di rabbia e di insoddisfazione per i responsabili della fabbrica, che portò a ripetute richieste alle autorità del lager di aumentare il numero di uomini delle SS e trovare kapòs più determinati per controllare i prigionieri. Un gruppo di kapòs tedeschi appositamente scelti tra i peggiori criminali comuni furono inviati a Monowitz. Quando anche questo non sortì i risultati sperati, i funzionari della IG Farben cambiarono atteggiamento; suggerirono allora, per accelerare il lavoro, l’introduzione di un sistema di cottimo rudimentale ed alcuni privilegi ai prigionieri più solerti tra cui il diritto di indossare orologi, avere capelli più lunghi (cosa respinta subito), il pagamento con buoni da spendere nello spaccio del campo (che vendeva a prezzo basso sigarette, dolci e poche altre cose), oppure avere accesso al bordello del lager, aperto appositamente a Monowitz nel 1943.

Neanche questi espedienti ebbero un effetto significativo sulla produttività dei prigionieri.

Nel dicembre del 1944, in occasione di una serie di ultime conferenze tedesche, tenute nella vicina Katowice, si portò all’attenzione la vera causa della bassa produttività dei detenuti: finalmente si dovette ammettere che i prigionieri lavoravano lentamente semplicemente perché avevano fame. Non riuscivano a lavorare ovviamente perché non mangiavano.

Ai prigionieri veniva servita la “Buna-suppe” una zuppa acquosa immangiabile e assai ipocalorica insieme con razioni di cibo estremamente esigue; certamente un’alimentazione notevolmente al di sotto del fabbisogno giornaliero del detenuto. Solo all’ultimo, poche settimane prima dello sgombro di Monowitz si ebbe il coraggio di ammettere, anche se indirettamente, che lo sterminio per fame riduceva la produttività, che tanta violenza e sadismo ed espedienti erano stati inutili perché i lavoratori schiavi, ridotti a scheletri denutriti non ce la facevano a mantenere i ritmi di lavoro, anche se venivano battuti a morte.

Tanti furono gli espedienti messi in pratica per tenere alto il regime di produzione ma mai si mise in pratica la soluzione più ovvia ed elementare: quella di aumentare le razioni di cibo; sicuramente perché ciò avrebbe interrotto lo sterminio in corso