Fuga da Mauthausen

All’interno del campo erano presenti trenta blocchi ma ce ne fu anche uno speciale, il “Blocco 20”. Questo blocco era separato dagli altri ed era predisposto per ospitare 500 persone che divennero in un dato momento anche 2000. La maggioranza dei reclusi era di cittadinanza sovietica e viveva in condizioni persino peggiori degli altri internati nel campo. La sopravvivenza era praticamente impossibile: la razione era la metà, i prigionieri non disponevano nemmeno di una scodella e di un cucchiaio ed ogni mattina “ammucchiati” al di fuori del muro esterno si vedevano trenta, quaranta cadaveri. Nella notte tra il 31 gennaio ed il 1º febbraio 1945 un gruppo di paracadutisti russi e slovacchi appena internati si rese conto di ciò e decise quantomeno di tentare una fuga approfittando di un’abbondante nevicata che aveva colpito il campo. I reclusi spalarono la neve accumulandola ai bordi delle mura del blocco, prepararono armi improvvisate usando pezzi di legno e maniglie e sacchetti pieni di pietre e ghiaccio. Intorno alla mezzanotte, al grido Urrà, assalirono le guardie sottraendo anche alcune armi e scavalcarono le mura scappando per le campagne circostanti. Tuttavia le precarie condizioni fisiche impedirono a molti di andare lontano, venendo così ricatturati dai nazisti ed ammazzati come cani.
In seguito si è saputo che questa baracca serviva inizialmente come infermeria e che nei primi mesi del 1944 divenne luogo di detenzione prevalentemente degli ufficiali sovietici deportati per essere eliminati o per prigionieri ricatturati dopo tentate evasioni. I deportati qui non erano registrati (né con nome né con numero) e venivano chiamati genericamente prigionieri K (da Kugel, pallottola, per via della loro prevista condanna a morte per mezzo di colpo di pistola alla nuca, anche se in realtà la maggior parte morì per fame). Il suddetto tentativo di fuga fu seguito da quella che le SS chiameranno la “Caccia al coniglio del Mühlviertel” (con la partecipazione della popolazione locale), che durò tre settimane. Evasero circa 500 internati, quasi tutti furono ricatturati e giustiziati sul posto o morirono di stenti nel tentativo di fuga. Tuttavia oltre una decina di essi riuscì a scappare con successo riacquistando la libertà, grazie anche all’aiuto di alcuni coraggiosi contadini delle campagne austriache che offrirono un riparo.