Iran

All’inizio della seconda guerra mondiale, l’Iran (nome poi dato nel 1935 dallo scià Riza Khan – fondatore della dinastia Pahlavi) in sostituzione di quello di Persia (Iran significa “terra degli Arii”, nome smaccatamente nazionalistico) anche se aveva proclamato la propria neutralità, apparentemente parteggiava per i tedeschi (fino allora i principali partner commerciali dell’Iran) che nel giugno 1941 avevano invaso l’Unione Sovietica. Quest’ultima divenuta alleata dell’Inghilterra in funzione antinazista, con i propri militari, uniti a quelli inglesi, il 25 agosto 1941, con il pretesto di dare la sicurezza ai campi petroliferi, occupavano le regioni settentrionale e meridionali del Paese; costrinsero (perchè lo scià non volle avallare quell’arbitraria occupazione) abdicare e andare in esilio Riza Khan, e misero sul trono -il 16 settembre- il figlio Riza Pahlavi. Filo-occidentale, opportunista e con ambiziosi programmi, fondati sull’investimento dei proventi del petrolio che lui avrebbe potuto vendere ai paesi occidentali, giocando ovviamente al rialzo visto che sia la Gran Bretagna che l’Urss miravano a fine guerra proprio ai campi petroliferi iraniani esistenti e a nuove concessioni.
Con il nuovo più malleabile scià, gli occupanti Gran Bretagna e Urss, firmarono un trattato (29 gennaio 1942) promettendo che una volta annientati i tedeschi, avrebbero rispettato la sovranità del Paese e che nell’arco di sei mesi avrebbero ritirato le proprie forze d’occupazione. Ma – non essendo la guerra finita – i due alleati oltre che occupare il Paese si riservarono il diritto di utilizzare le vie di comunicazione iraniane, oltre che il petrolio; il che consentì nei successivi tre anni di inviare in Russia imponente materiale per lo sforzo bellico sostenuto dai sovietici contro le armate naziste e dirifornirli di una quantità impressionante di carburante.